domenica 31 dicembre 2006

25 passi per una vita migliore (2)

Secondo il guru la prima cosa da fare è quello di verificare il proprio stato di salute:

Salute è ...
il corpo libero da malattie
il respiro senza sforzo
la
mente senza stress
l’intelligenza senza inibizioni
la memoria libera da
ossessioni
l’ego che comprende tutto
l’anima libera da tristezza


Inoltre, lui consiglia di riflettere spesso sul senso della propria vita, perché secondo lui soltanto quando uno inizia a farsi queste domande, la sua vita inizia da vero. “Non bisogna avere fretta per trovare le risposte a queste domande. Quelli che le conoscono non vi le diranno, e quelli che vogliono dirvile, non le conoscono.”

Ora arriviamo ai suoi 25 passi per migliorare la vita.

Riflettere sul contesto della propria vita: Ciò significa riconoscere la brevità della propria vita se paragonata ai milioni di anni durante le quali la vita si è sviluppata sulla terra. Se qualcuno ci guardasse da fuori, i 70-80 anni delle nostra vita sono meno di un’attimo. Visti contro la grandezza dell’universo, siamo invisibili. Secondo il guru, questa riflessione ci aiuta a superare gli alti ed i bassi della vita, restando tranquilli, felici e soddisfatti. Tutti gli esseri hanno amore dentro di se – devi sforzarti di riconoscerlo mentalmente per trovare il tuo radicamente nell’amore.

Ricordare la transitorietà della vita: Pensi alla tua vita, pensi a tutte le cose fatte e non fatte. Tutto è passato, finito. Tutto nella vita è trasitorio, ma dentro questa vita che cambia continuamente, dentro di te qualcosa di permanente che non cambia, che osserva questo mondo mutevole. Ogni tanto pensa a questa parte di te che vive dentro di te e che osserva il passare della vita e delle situazioni.

Ricordati di sorridere più spesso: In una ricerca hanno scoperto che bambini, mediamente sorridono circa 400 volte al giorno, gli adolescenti 17 volte al giorno, e gli adulti molto più raramente. Ricordati di guardare la tua faccia nello specchio ogni giorno e di sorriderti. Basta poco per renderci tristi e stressati. Con qualche battuta o azione, gli altri ti rubano il sorriso – non lasciare che ti portano via il tuo sorriso. Dal punto di vita della conoscenza, sorriso è gratuito come il sole, l’aria e acqua mentre rabbia è costosa – ricorda questo e rendi il tuo sorriso gratuito, da usare sempre e dovunque e la tua rabbia molto costosa, da usare con molta cautela.

Sii entusiasta e parla bene degli altri: Entusiasmo è la natura della vita ma impariamo a dimenticarlo. Se siamo dominati dalla paura, impariamo a nascondere il nostro entusiasmo. Non solo diventiamo seri, ma cerchiamo anche di controllare l’entusiasmo degli altri, ricordando loro di essere “realisti”.

Ricordati di meditare: Trova alcuni momenti per la meditazione ogni giorno. Meditazione significa introspezione, ma significa anche lo stato di non-pensiero quando la mente non è agitata, quando la mente vive nel presente. Più profondamente riuscirai a stabilire il conttto con te stesso, più libero sarai. Meditazione significa lasciar andare la rabbia, il passato, i piani per il futuro, significa viviere il presente in profondità.

Trova tempo per te stesso: Trova qualche giorno per la tua manutenzione ogni anno. In quell periodo, non pensare a tutte le cose che devi o dovresti fare, trova tempo solo per essere con te stesso, senza urgenze, senza rimproveri, senza cose da fare. Alzati all’alba, fai esercizi e yoga, mangia solo il necessario e medita. Impara ad ascoltare gli altri con attenzione, senza elaborare domande o giudizi dentro di te. Impara ad ascoltare il tuo respiro.

Comunica meglio: Se incontri qualcuno che sa più di te, ascolta con le orecchie e gli occhi aperti. Se incontri che sa meno di te, sii umile e gentile. Gioca con un bambino come quando eri un bambino. Quando parli con un anziano, ricordati che un giorno anche tu sarai anziano. Quando sei aperto senza pregiudizi e preconcezioni a imparare e a condividere, diventerai un comunicatore migliore.

Sviluppa la tua creatività: Impara a distanziarti dal tuo lavoro – mentre lavori, lo devi fare con 100% di te stesso ma senza preoccupare dei risultati. La creatività nasce quando sei rilassato, quando sei senza preoccupazione per i risultati.

Migliora il mondo che ti circonda: La nostra energia vitale ha bisogno di una direzione. Senza la direzione, c’è soltanto la confusione. La nostra energia ha bisogno anche di impegno. Pensa al mondo che ti circonda e pensa a quello che puoi fare tu per renderlo migliore. Aggiungere questa direzione e impegno alla tua vita lo renderà più piena e appagante.

Pianifica i tuoi obiettivi e lungo e a breve termine: Lo devi fare restando ben radicato nel tuo presente. Dove vuoi essere tra 3 anni, tra 20 anni? Come farai ad arrivarci? Scegli soltanto poche cose essenziali e non la lista di tutte le cose che vuoi fare. Se la tua vita seguirà la direzione giusta per le cose essenziali, tutto il resto si giusterà senza sforzo.

Pregare aiuta: pregare non come un rituale da seguire ma pregare dal cuore, pregare con la gioia.

Non avere paura dei cambiamenti: Rifletti se tua vita è diventata un routine, qualcosa che ha bisogno di un cambiamento ma hai paura di affrontarlo? Anche se le cose abituali sono comode, delle volte devi sforzarti per promuovere il cambiamento per migliorare.

Sii consapevole di tuoi limiti: Tutti noi abbiamo i nostri limiti. Quando incontri i tuoi limiti, impara ad riconoscerli. Preghiera aiuta in questo incontro. Accettate quelli limiti con amore.

Forse avete capito, il guru non dice niente di nuovo, conoscete già questi passi per migliorare la vostra vita. Altri passi sono: non perdere gli amici, non cerca la perfezione, diventare non prevedibili, ecc.



venerdì 29 dicembre 2006

25 passi per una vita migliore (1)

E’ di nuovo il momento di fare il resoconto dell’anno appena trascorso, e di farsi le promesse per il nuovo anno. Anche se poi, spesso le promesse restano soltanto delle parole senza un seguito, ma intanto ci si può sentire buoni e risoluti per qualche giorno!

Non voglio pensare alle mie promesse che mi ero fatto l’anno scorso. O, quelle fatte l’anno prima, o prima ancora. Tanto sono sempre le stesse. Devo dimagrire. Devo scrivere il mio romanzo. Devo fare meditazione tutti i giorni. Devo imparare a controllare le mie emozioni. Devo trovare più tempo per stare in famiglia. E così via.

Ma capita anche a voi di continuare a fare sempre le stesse promesse anno dopo anno?

Invece vi voglio parlare dei consigli di un guru indiano che si chiama Sri Sri Ravi Shanker, apparsi su un settimanale The Week. "I 25 passi per migliorare la tua vita nel 2007".

Sono sopratutto gli americani che credono nei manuali che insegnano l’arte di vivere – “Come avere tanti amici”, “Come realizzare i propri sogni e diventare migliardari”, “Come vincere le paure e dominare il mondo”, ecc. Ora anche i guru indiani, a partire da Deepak Chopra, Acharya Rajneesh e Mahesh Yogi, fino a Sri Sri Ravi Shanker, hanno imparato i benefici di brevettare gli insegnanmenti spirituali degli antichi maestri e di usare le nuove tecnologie per portare sollievo all’umanità sofferente e per accumulare enormi richezze.

Sri Sri Ravi Shanker sembra una persona molto simpatica, ha un sorriso disarmante che ti scioglie il cuore e ha un modo di parlare immediato, semplice e chiaro.




Tuttavia, lo trovo un po’ irritante a partire dal suo nome così pomposo. La parola ‘Sri’ è usata in India un po’ come il ‘signore’ in italiano, come un appellativo prima dei nomi maschili, invece perle donne si usa Srimati (signora). Tuttavia il significato specifico di Sri è la 'luce interiore', o l’aura personale. Il fatto che il guru Ravi Shanker abbia voluto aggiungere due ‘Sri’ prima del proprio nome, mi sembra un modo per attirare attenzione e per sottolineare la propria natura divina.

Si è vero che il Dio vive dentro ogni uno di noi e spesso noi lo dimentichiamo. In questo senso, posso capire la scelta del guru di aggiungere i due Sri prima del proprio nome forse per ricordarsi che ha dentro di se la luce divina, ma allo stesso momento penso che un guru dovrebbe essere un ascetico e non attaccato a grandi titoli o onori.

Il nome di Sri Sri Ravi Shanker è associato anche ai corsi di Arte di Vivere (Art of Living) durante i quali si insegnano il Sudershan Kriya, un particolare tipo di meditazione basato sullo yoga Pranayama (esercizio del respiro) durante la quale si ripete il mantra ‘So ham’ ( io sono) secondo un ritmo ben preciso. La tecnica di Sudershan Kriya è brevettata ed i corsi costano.

Questa sua attenzione verso gli aspetti mondani lo trovo poco consone all’ideale di rinuncia associato ai guru tradizionali. Dall’altro canto capisco che oggi la maggior parte delle persone non ha tempo da dedicare a niente ed a nessuno. Oggi tutto funziona secondo la logica dell’usa e getta. Vogliamo continuamente nuovi stimoli - nuovi giochi, nuovi gadgets, nuova musica, nuovi vestiti, nuovo arredamento e il resto, perché dopo un po’ di giorni anche la cosa più desiderata diventa noiosa per noi. In questo mondo, forse il suo modo di vendere i suoi corsi a caro prezzo, come qualcosa di esclusivo, forsé gli garantisce maggiore attenzione di suoi seguaci!

Comunque torniamo ai suoi 25 consigli per migliorare la vita. Volete conoscerli?

sabato 9 dicembre 2006

Concerto del maestro indiano a Bologna

Il maestro di musica classica indiana, Shahid Parvez Khan, è venuto a Bologna per un concerto di sitar il 7 dicembre sera. Erano tanti anni che non ascoltavo un concerto di sitar dal vivo. Il piacere era ancora più grande perché dopo la generazione di artisti come Ravi Shanker e Vilayat Khan, lui è considerato uno dei grandi della musica classica indiana.

Mentre lo ascoltavo, pensavo alle notti di estate passate nel parco del Mavalankar Hall a Nuova Delhi, ad ascoltare i concerti di musica classica e guardare le danze classiche. Era allora che avevo iniziato ad apprezzare il sitar, sopratutto quelle note lente e dolci che si muovano come onde e raccontano storie malinconiche.

Ho parlato con il maestro della sua infanzia, della sua fama e del suo rapporto con la famiglia. Purtroppo, non ho fatto in tempo a tradurre questa intervista in italiano, e stamattina parto per l'India. Lo completerò al mio ritorno alla fine del mese.

In tanto due foto della serata: (1) maestro Shaid Parvez Khan e, (2) sig. e sig.ra Robert Shetkintong, (secondo segretario culturale dell'ambasciata indiana a Roma e sua moglie).






venerdì 1 dicembre 2006

Creatività, censura, romanticismo...

Ho questo sogno di scrivere un romanzo un giorno. Volevo scrivere di un ragazzo che torna dal suo padre morente e viene a sapere di un segreto di famiglia. Doveva essere un viaggio alla scoperta di se stesso, un viaggio di riconciliazione. Per giorni vivevo quel libro. I personaggi del libro erano come persone vive che mi giravo intorno e parlavano nei momenti più diversi. Poi, alla fine ho scritto quel libro in inglese, circa 250 pagine, scritte in meno di un mese.

L'ho fatto vedere ad una mia cugina scrittrice, anche perché ci tenevo molto al suo giudizio. Si vede che può venire fuori un libro molto bello, mi ha detto, ma ora devi lavorarci sopra bene e riscrivere il tutto e sistemarlo meglio. Mi sentivo in settimo cielo. Alla fine sono vicino al mio sogno di scrivere il mio romanzo, ho pensato.

Questo era più di un anno fa e da allora, non sono più stato capace di scrivere giù niente. All'inizio mi bloccava l'idea di dover scrivere questo libro in inglese. L'inglese non è la mia lingua, dovrei scrivere in hindi o in italiano, perché devo scrivere in inglese, mi chiedevo. Si, questa volta scriverò in hindi, alla fine avevo deciso, ma poi ogni volta che mi mettevo davanti al computer, non trovavo mai le parole per dire quello che avrei voluto dire.

Alla fine ho risolto il problema. Devo scrivere nella lingua che mi viene più naturale e se mai, lo tradurrò in hindi o in italiano. Ma nel frattempo, avevo iniziato a pensare ad un'altra storia. Questa storia ha un padre immigrato e la sua figlia lesbica. I personaggi hanno iniziato a diventare persone vere, nei momenti più strani, penso a loro e sento le loro voci. Forse, un giorno riuscirò a metterlo giù sul computer, questa storia! Spero.
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Già che pensavo alla ragazza lesbica della mia storia, è uscito il film con Lino Banfi sulla TV italiana, con la figlia che si sposa con la sua compagna spagnola. Non ho guardato questo film alla TV e ho letto soltanto le polemiche sui giornali. Devo dire che mi hanno sorpreso queste polemiche.

Qualche anno fa Deepa Mehta, il regista di origine indiana che vive in Canada, aveva girato il film Fire (Fuoco), nel quale si accennava al rapporto amoroso tra le due donne protagoniste. Il film aveva suscitato molte polemiche in India. Già, l'India ha un sistema di censura antiquato. In più ogni volta che un gruppo di persone si manifestano contro qualche lavoro di arte o qualche libro o qualche film, subito il governo vieta questi lavori. Allora, parlandone con gli amici avevo dato esempi del sistema liberale che esiste in Italia, basato sulla convivenza pacifica e rispetto della libertà di espressione.

Anche il recente film, "Il codice da vinci" era stato vietato in India e di nuovo avevo parlato dell'assurdità di queste censure per "accontentare" i cattolici indiani quando si poteva vedere il film a Roma.

Ma le polemiche sul film di Banfi mi hanno sorpreso, perché non li aspettavo. La TV italiana fa vedere delle cose di rapporti sessuali, nudità e parolacce in prima serata senza nessuna protesta. A me danno fastidio i programmi dove vi sono queste giovani donne formose con vestiti ridottissimi, presentate come persone con intelligenza subnormale, e mi sarebbe piaciuto sentire qualche protesta contro queste trasmissioni.

Comunque, c'è un lato positivo di questa storia. La prossima volta che succederà qualche stupida protesta in India, non mi agiterò per spiegare che "in Italia questo non succede mai"!
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Durante la mia ultima visita a Roma, sono andato al cimitero protestante dietro il Piramide di Caio Cestio. Nel 1822, qui fu sepolto il giovane poeta romantico inglese Keats. Quando morì, aveva solo 25 anni, ma ha lasciato un eredità di poesie romantiche indimenticabile. C'è una fila di turisti inglesi per visitare la sua tomba ogni giorno.

L'iscrizione sulla sua tomba è, "Qui giace colui, il cui nome fu scritto sull'acqua."

Vicino alla sua tomba, i suoi ammiratori hanno fatto montare una tavola di marmo con le seguenti parole, "Keats, se il tuo amato nome fu "scritto sull'acqua", ogni goccia è caduta dagli occhi di qualcuno che ti piangeva."

Corrado Augias nel suo libro, “Segreti di Roma”, spiega la storia di questo cimitero per i non cattolici costruito su un terreno non consacrato, le sue fatiche per costruisi un muro intorno, i divieti per seppellire i morti di giorno e il divieto di scrivere frasi che potevano significare la benevolenza di dio per le anime di questi morti. Questa situazione di 150 anni fa, oggi appare incomprensibile, anche se le discriminazioni in forma molto più sottile continuano anche oggi.

Ieri Lucia Cuocci della rubrica Protestantesimo di Rai2 era venuta ad intervistarmi riguardo la situazione della lebbra nel mondo. Alla fine dell’intervista le ho chiesto riguardo la trasmissione del programma e mi ha spiegato che di solito il programma è trasmesso dopo la mezza notte, ma delle volte, vi sono dei ritardi e la trasmissione avviene dopo l’una di notte. Comunque, se ci tenete a guardarmi in questa intervista, sarà trasmessa anche alla mattina alle 09,00 del 25 dicembre.

Penso che il giornalismo e la tv italiana hanno superato molte barriere che prima ci esistevano, ma per alcune questioni legate al vaticano, esiste ancora certa discriminazione. Penso ai scandali legati alla pedofilia di qualche prete in Stati Uniti. I notiziari sulla CNN e sulla BBC erano pieni di queste notizie ma la tv in Italia, non ne parlava quasi mai, fino al giorno che il vaticano ha voluto parlarne.

Sul telegiornale le immagini della visita del Papa alla moschea di Istambul mi hanno commosso. Le sue parole nella moschea insieme all’Imam di Istambul, “chi uccide civili innocenti nel nome di dio, offende il dio”, sono forti ed era ora che qualcuno così importante e visibile li diceva con la voce alta dentro una moschea. Penso che per uscire da questo vortice di violenza e terrorismo, ci vogliono gesti corraggiosi come questo.

Anche quando si parla di un dialogo costruttivo tra le religioni, sento una discriminazione tra le religioni del Libro, le religioni monoteiste nate in medio oriente e tutte le altre religioni del mondo, induismo, buddismo, gianismo, i bahai, i confuciani, i taoisti, i parsi, i sikh, ecc. Forse perché le altre religioni hanno già trovato certo dialogo tra di loro? O forse le lotte tra le tre religioni monoteiste sono state cosi violente che bisogna fare uno sforzo speciale per avviare questo dialogo tra di loro, prima di intraprendere il cammino con le altre religioni!

Per tornare al cimitero protestante di Roma, oltre a Keats, un altro famoso poeta inglese è sepolto a Campo Cestio, Shelly. Ecco per voi, alcune foto di questo cimitero.







domenica 22 ottobre 2006

Abbracciare il mondo

L'iniziativa di Passamano voleva abbracciare il mondo. Mille persone dovevano formare una catena umana che collegava il meloncello con il piazzale di San Luca. Poi, quella catena umana doveva passare le bandiere di tutti i paesi del mondo lunga la scalinata di San Luca per poi alla fine piantare tutte le bandiere del mondo nel piazzale di San Luca.

L'iniziativa era parte della Festa della Storia, iniziata una settimana fa.

Invece si è messo a piovere. Quando sono arrivato a meloncello, le ragazze che aspettano i volontari della catena umana mi hanno chiesto se volevo far parte della catena anch'io. No, ho cercato di dire ma sembravano così preoccupate che alla fine ho accettato. Poi ho cominciato a salire la scalinata, dovevo trovare un buco libero e mettermi li per completare la catena. Invece interi tratti della scalinata erano vuoti. Forse era la pioggia, forse le persone hanno scelto di fare qual cos'altro, e le persone presenti, erano sopratutto gli studenti con i maestri, che aspettavano l'inizio del passaggio delle bandiere.

Infatti, alla fine hanno dovuto rinnunciare alla catena umana e le bandiere sono state portate su con il camioncino. Oggi alcune foto di questa mattinata:



Inizio della parata


La banda aspetta l'inizio


La giornata piovvosa


E' difficile fotografare!


Il foto di ricordo per il gruppo


Qui la catena umana funzionava


I ragazzi cercano di passare il tempo con l'aiuto della musica - avevano anche i dolci da offrire ai passanti.


Il portone della chiesa di San Luca - le nebbia entrava dentro in maniera molto suggistiva!


Il trombettista


Il dietro di San Luca - nel libro di John Grisham ambientato a Bologna, qui vicino c'è un piazzale dove l'eroe del libro arriva con la sua ragazza italiana nel capitolo finale - invece, ieri pioveva e non potevo vedere niente!


I vestiti medievali


Volontari di "Il ponte della bionda" - l'associazione che vuole promuovere il modo di vita delle persone che abitavano lungo il canale Navile - si chiama il ponte della bionda per ricordare la signora bionda del folklore bolognese che abitava lungo il Navile e offriva i suoi servizi ai passanti

venerdì 13 ottobre 2006

Mondo schizofrenico

C’è questa nuova pubblicità sulla televisione dove si parla di prugne californiane, ogni prugna racchiusa in piccolo sacchettino tutto suo, bello e luccicante. L’idea è di promuovere le prugne come un’idea di regalo, forse un po’ come i famosi baci perugina. Penso che questa pubblicità sia il simbolo del mondo schizofrenico nella quale viviamo.

Siamo sommersi dai rifiuti. Ne produciamo a tonnellate. Le amministrazioni comunali parlano di come smistare e riciclare questi rifiuti e allo stesso momento continuiamo a trovare nuovi modi per aggiungere rifiuti inutili. E’ la schizofrenia tra quelli che pensano al futuro, alla sostenibilità, alla vita dei nostri figli e nipotini e quelli che pensano alle vendite, alla crescita economica, al guadagno degli azionisti. Ma poi, questa schizofrenia sta dentro ciascuno di noi, perché siamo sempre noi, uomini, donne, padri, madri, nonni, azionisti, lavoratori, consumatori, venditori, secondo il contesto.

Quando la Coop, una cooperativa dei consumatori, mi risponde che devono continuare a applicare i bollini di plastica ad ogni mela che vendono perché è necessario per salvaguardare il marchio Coop e la loro quota del mercato delle mele, penso che sia un altro esempio della stessa schizofrenia.

Alla mattina vedo questa fila di macchine, tutti impazienti uno in ogni macchina, molti con i fronti corrugati e gli occhi che cercano varchi per poter passare davanti di qualche metro, pronti ad incazzarsi. Dappertutto si costruiscono le rotatorie “perché così le macchine passano molto più veloci”, ma che penalizzano i pedoni e quelli come me che vogliono salvare il mondo con le proprie biciclette. E penso all’inquinamento, ai mari che si inalzano minacciando di sommergere qualche isola, al caldo torrido che arriva puntualmente ogni anno, ai nuovi tifoni che devastano qualche paese ogni tanto, al deserto che cresce mangiando le foreste, e tutti quelli che parlano del trattato di Kyoto e di ridurre l’emissione dei gas, di usare i mezzi pubblici, di non inquinare, che poi girano dall’altra parte e parlano di crisi della vendita delle macchine e di come incentivare che la gente compri più macchine. E' sono orgogliosi di essere razionali e pragmatisti, convinti di sapere tutto.

Nessuno vuole le discariche vicino alla casa propria, perché sono inquinanti, sono anti estetiche, sono pericolose, ma poi vai fuori alla sera e vicino ai cassonetti dei rifiuti trovi frigoriferi, tv, matterassi, armadi , ecc. ad infinito che aspettano di essere buttati via nelle discariche. Ormai, non è conveniente far riparare niente, conviene sempre comprare nuovo e buttare via il vecchio.

E l’inquinamento, cosa bisogna fare? Ah, quelli disgraziati in Cina, in India, in Brasile, hanno cominciato a stuprare la terra proprio come la facciamo noi! Devono smettere subito. Bisogna che imparino un nuovo modello di sviluppo, non consumistico.

Si, ovviamente non possiamo dare via la nostra tecnologia migliore che inquina un po’ meno perché è il nostro copyright e abbiamo diritto a guadagno. Ma cosa centrano i milioni di morti per la mancanza di farmaci con il nostro guadagno? Gli affari sono affari. Forse ci vorrebbe uno scudo spaziale che separi l’aria e l’acqua del nostro mondo!
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Due foto del parco Al Azhar di Cairo (Egitto) costruito sopra una vecchia discarica.




mercoledì 20 settembre 2006

Black Italians

E' uscito un libro, "Black Italians", gli italiani neri, storie degli atleti neri nelle squadre italiane. Una delle storie di questo libro riguarda Jacque Riparelli. Mi ricordo Jacque quando veniva in ufficio con il suo papà, Franco. Franco aveva trovato la sua moglie in Cameroun e per un po' di anni aveva lavorato in AIFO, poi era partito per un nostro progetto in Mali. Franco mi aveva insegnato a lavorare con il computer, era appassionato di informatica.

Ultima volta che incontrai Franco quando aspettavamo lo sblocco di un progetto finanziato dal Ministero degli Affari Esteri italiano, per la quale doveva ripartire anche Franco. Lui non poteva aspettare, doveva mantenere la famiglia, anche perché nel frattempo era arrivata anche la Katia, sorellina di Jacque e aveva deciso di partire per il Mali con una ditta di costruzioni. "Appena il progetto si sblocca tornerò in Italia", aveva detto. Invece, dopo qualche mese morì in un incidente stradale a Bamako.

Oggi Jaque è un'atleta velocista centometrista e racconta la sua storia in questo libro, "Ho iniziato a fare sport quando è morto mio papà. All'epoca non me ne sono reso conto, ma per me lo sport è stato una valvola di sfogo… quando ho indossato la mia prima maglia azzurra, è stata una cosa indescrivibile, perché in quel momento hai l'onore di rappresentare l'Italia." Parlando di razzissimo, lui dice, "..anche a me capita di andare in un ufficio e la prima cosa che mi chiedono è se ho il permesso di soggiorno. Alla gente non viene in mente da subito che io possa essere italiano… Bisogna cambiare la gente e fargli capire che esiste anche l'italiano di colore."
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E' arrivato un altro invito dal comune di Bologna. E' per una serata sulla società multiculturale. L'ospite d'onore è una persona che viene dalla Canada e poi, c'è una lista lunghissima di altri relatori, ma non c'è nessun nome straniero tra questi.

Già qualche mese era arrivata la comunicazione sulla creazione di un comitato per le attività a favore delle associazioni di emigrati e anche in quel comitato, non vi era nessun nome straniero.

Penso che sicuramente sarà bello ascoltare gli illustri relatori ma in questa grande Bologna multiculturale non riescono a trovare uno straniero come relatore o membro di un comitato, magari soltanto come un simbolo?
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Di nuovo c'è la bufera nel mondo musulmano. Questa volta per le cose dette dal Papa in Germania. Posso capire che possiamo non concordare con qualcosa che dice il Papa ma bisogna arrivare a ammazzare persone, bruciare negozi, minacciare ….? Non è possibile esprimere il proprio dissenso con le parole e dichiarazioni?

Tutto questo non fa che aumentare il senso della paura verso l'islam. Ogni volta che qualcuno osa a dire qualcosa contro l'islam, il messaggio arriva chiaro e forte: Non osate a parlare di noi altrimenti saranno guai per voi!

Comunque, mi rendo conto che spesso creiamo un'immagine monolitica del mondo musulmano che non esiste nel mondo reale. Un recente articolo nella rivista indiana Outlook spiegava i litigi tra i musulmani Barelwis e i musulmani Deobandis. Sembra che un gruppo di Barelwis hanno partecipato in un preghiera dei Deobandis, per questo gesto, hanno perso il diritto di essere musulmani ed erano automaticamente divorziati dalle loro moglie. Hanno dovuto seguire i riti di purificazione per essere riammessi tra i Barelwis e di risposare le loro moglie.

Si parla da anni della persecuzione di musulmani Shia e Ahmadiya da gruppi Sunniti in Pakistan, e in Sudan, i musulmani arabi stanno ammazzando i musulmani neri!

Ma sembra che tutte queste fazioni si uniscono quando si tratta della minaccia dell'occidente!

domenica 10 settembre 2006

Il boss simpatico: Munna Bhai MBBS

Spesso i film di bollywood sono copie indianizzate dei film di Hollywood. I registi indiani li definiscono come film “inspirati” perché spesso la trama del film inspirato viene arricchita con il “masala” o le spezie di bollywood – scene emozionali, canzoni, danze, ecc. Non succede spesso che un film indiano viene copiato a Hollywood, forse perché i film con le trame originali provenienti dall’India sono molto radicati nella cultura indiana e non avranno molto senso per il pubblico che non capisce il contesto culturale specifico.

Comunque un film indiano recente è stato acquistato da una casa produttrice di Hollywood per essere rifatto con gli attori americani. Si tratta di “Munnabhai MBBS” (Fratello Munna, medico chirurgo), un film di Rajkumar Hirani, uscito alla fine del 2004.

Il film è la storia di un piccolo boss mafioso di Mumbai, Munna. A Mumbai tutti i mafiosi sono chiamati con l’appellativo di “bhai” (fratello). Munna bhai (Sanjay Dutt) è un mafioso con alcuni principi. Per esempio, lui è contento di rapire qualcuno su ordine ma quando capisce che l’ordinante non si comportato in maniera corretta, è capace di rapire anche l’ordinante e chiedere un riscatto per la sua liberazione.

Circuit (circuito, l’attore Arshad Warsi) è l’assistente fedele di Munna Bhai, nonché il papà di un bimbo (Short Circuit o corto circuito), disponibile a seguire ogni ordine del suo capo.



L’unica persona di cui Munna bhai ha paura è il suo papà, un vecchio insegnante in pensione che abita in un villaggio. Scappato da casa quando era un ragazzo, Munna sa di aver deluso le aspettative di suo papà e per questo racconta al padre una bugia che lui ha studiato in città come medico e ora gestisce un ambulatorio.

Ogni volta che il suo padre viene in città a trovarlo, la casa di Munna diventa un’ospedale, i suoi colleghi malviventi si vestono da medici, infermieri e pazienti.



Quando la sua bugia viene scoperta, il suo padre si offende e giura di non tornare mai più dal figlio. Umiliato davanti a tutti, Munna giura di diventare un medico. Per farlo è pronto a rapire, ammazzare e pagare tutto e chiunque, ma resta scioccato davanti alla mancanza di umanità nella professione medica.

La lezione finale di Munnabhai è di far ricordare a tutti l’importanza delle rapporti umani. E’ un film semplice e divertente, ma anche con un forte messaggio, quello di non dimenticare la gentilezza nei rapporti con gli altri.

Recentemente è uscito il nuovo film di Munnabhai, si chiama Lago Raho Munnabhai (Continua fratello Munna). Il film riguarda la scoperta della filosofia di non violenza di Mahatma Gandhi da parte di Munna. Le riviste, i siti indiani e i blog, tutti sono unanimi, è meglio del primo film di Munna bhai. Appena dopo 10 giorni della uscita, il film è stato dichiarato un campione di incassi. I genitori sono contenti perché il film fa riscoprire i valori di Mahatma Gandhi alla generazione di oggi. I giovani sono contenti perché il film è divertente. Spero di vederlo presto.

domenica 27 agosto 2006

Convivenza

Tante volte le persone mi chiedono di parlare delle cose indiane – come sono gli indù? Perché in India vi sono lotte tra gli indù ed i musulmani? Altre volte mentre cerco di spiegare questioni sulle differenze culturali o religiose, vedo la perplessità negli occhi degli interlocutori. Essere indiano significa per me vivere le mie multiple identità, spesso dei confini confusi, con serenità e gioia, ma faccio fatica a spiegarlo bene. Invece ho trovato un articolo di di G.V. Dasarathi, che secondo me lo spiega molto bene. Sig. Dasarathi ha 46 anni e gestisce un’attività di software informatico in India. Lui ha scritto questo articolo in inglese sul portale indiano Rediff.com che ho pensato di presentare qui parzialmente:

“… Miei genitori parlavano il tamil, mio papà aveva la pelle scura e mia mamma aveva la pelle più chiara. La mia governante era una signora con la pelle chiara dallo stato di UP (nell’India del nord) e parlava hindi. Abitavamo dentro una densa foresta nello stato di Jharkhand (nell’India centro-orientale) dove la maggior parte della popolazione era composto da gruppi tribali con la pelle nera che parlavano una lingua che si chiama “ho”. Quando uscivo di casa vedevo persone che portavano abiti di tutti i tipi – i sadhu (i monaci indù) nudi, i tribali che erano topless, e le donne musulmane con il burqa (il chaddor).

Maggior parte degli ospiti che venivano a trovarci parlava l’inglese. Noi eravamo indù, la governante era musulmana, la maggior parte dei tribali erano cristiani o animisti…Persone che ci circondavano avevano tutte le abitudini alimentari possibili. Alcuni mangiavano solo verdure, alcuni non mangiavano carne di mucca, alcuni non mangiavano carne di maiale, altri mangiavano tutto compreso i topi e i camaleonti.

La nostra piccola comunità di minatori celebrava le feste di tutte le religioni con uguale gioia…questa era la mia introduzione all’enorme diversità della nostra
meravigliosa terra. Da bambino ascoltavo persone con colori della pelle diversa, i loro tratti somatici diversi, le loro quattro lingue diverse, le loro quattro religioni diverse, il loro modo di vestirsi diverso, che mangiavano cose diverse…

Mentre crescevo, mio papà fu trasferito più volte in diversi stati dell’India. Così ho conosciuto il resto dell’India. Ho imparato che gli indiani credono in tanti dei, molto di più delle quattro religioni che avevo conosciuto da bambino. Ho imparato che ogni stato dell’India ha 3 - 4 diverse regioni. Persone di queste regioni parlano lingue o dialetti diversi tra di loro e spesso non capiscono i dialetti delle altre regioni dello proprio stato. Ogni regione ha la propria cucina diversa dalle altre, si veste diversamente e ha apparenze fisiche diverse.

Oggi nessuno può convincermi che sono superiore a qualcuno altro per la mia religione o per il colore della mia pelle o per la mia lingua. La diversità che ho vissuto, e accettato e nella quale ho gioito da bambino, non è qualcosa di unico. Penso che ogni indiano vive questa stessa esperienza, soltanto i dettagli possono essere diversi. Credo che sia questo che fa di noi il paese più tollerante del mondo…

Si è vero che ogni tanto scoppiano disordini per questa diversità, quando ci ammazziamo tra di noi per le nostre diversità. E’ tragico e vorrei che non succedesse mai più, ma guardatelo in un altro modo: i musulmani sunni, i buddisti, i cattolici romani, i sikh, i musulmani bohra, i giani digambara, i parsi, i khurmi, gli iyers, gli agarwals, i nairs, i cristiani siriani, i musulmani shia, i giani shwetambara, gli ebrei, i musulmani ismailiti, gli avventisti del settimo giorno, i bishnoi, e persone di molte
altre religioni vivono insieme in India da secoli.

In Gran Bretagna e in Yemen per decenni persone di due branche diverse della stessa religione si sono ammazzati tra di loro. In Libano, per quanti anni le persone
di due religioni hanno ucciso tra di loro? In Stati Uniti e in Sud Africa, per decenni le persone hanno litigato per la differenza nella colore della pelle. In Canada litigano per le due lingue diverse.

Come indiano, questi conflitti mi fanno sorridere – solo due religioni, solo due colori, due lingue! Vorrei dire a loro, “Ragazzi provate la coesistenza tra un gianista digambara, che parla gujarati, che si veste con il kurta pigiama, che mangia solo erbe e un cristiano siriano del kerala che parla malayalam, che porta un mundu e che
mangia tutto”. Dove saremmo se diventassimo intolleranti come gli altri?

Penso che l’intolleranza religiosa che vediamo in questi giorni è una cosa confinata ad una piccola percentuale di noi, e che a lungo andare sappiamo che non è importante prendere troppo seriamente le nostre differenze, sappiamo che la maggior parte di noi è risultato di mescolanze di razze, religioni e culture…

… penso che il futuro di India sarà positivo. Non perché possiamo produrre e esportare acciaio o armi o tessuti, ma perché noi comprendiamo la convivenza.”

giovedì 29 giugno 2006

La madre del terrorista

La madre del terrorista (1997, un film di Govind Nihalani)

India, Calcutta 1970.

Sujata Chakraborty (Jaya Bhaduri), ha un sonno agitato, si sveglia quando suona il telefono. Accanto a lei dorme suo marito. Al telefono qualcuno le chiede se conosce Brati Charavorty, “si è mio figlio”risponde lei. “Venga a Kantipokhar per il riconoscimento” dice la voce e interrompe il collegamento. “Che cosa significa” si chiede Sujata, ancora intontita dal sonno, senza capire. La mattina dopo, alla notizia, il marito e il figlio maggior si agitano, vogliono subito attivare i propri contatti con la polizia per cercare di risolvere il problema. Il padre (Anupam Kher) dichiara che in ogni caso, non potrà andare a Kantipokhar con la sua macchina. Solo allora qualcuno spiega a Sujata che Kantipokhar è il mortuario della polizia di Calcutta. E' la polizia che vuole qualcuno per riconoscere il corpo di Brati.




Scioccata, Sujata va a Kantipokhar con la moglie del suo figlio maggiore e si trova spinta in una stanza spoglia dove giacciono 5 corpi senza vita coperti da un telo lacero, macchiato di sangue secco. Accanto sono sedute 3 persone povere, le loro facce sono scioccate. Quando toglie il telo dal corpo da riconoscere, Sujata lo sente come uno schiaffo. Il corpo di suo figlio è crivellato di pallottole, e la sua faccia è stata pestata fino a diventare irriconoscibile. Al piede porta la targa "1084".

“Non si può portare via i corpi dei morti” dice la polizia, sono terroristi, criminali pericolosi per la società. Impotente, Sujata guarda i cinque corpi dei giovani ventenni dati alle fiamme.

Così inizia Hazaar Chaurasi Ki Maa (La madre del 1084), il film sulle origini del movimento maoista, conosciuto con il nome di Naxalbari (dal nome del villaggio dove la ribellione iniziò) nella parte nord ovest dell'India alla fine degli anni sessanta.

Il film è basato su un romanzo di Mahashweta Devi, la scrittrice e attivista bengalese, la quale ha passato la sua vita nella lotta per i diritti dei gruppi più poveri ed emarginati in India, dando voce a persone emarginate e senza potere, tramite i suoi romanzi. Oggi, dopo 25 anni, quando il movimento di Naxalbari si è esteso a molti altri stati dell'India, il film è importante per capire le motivazioni ideologiche che spinsero i suoi attivisti, almeno nei primi anni di questo movimento.

Il film è la storia della scoperta di se stessa da parte di Sujata e della scoperta di un mondo a lei sconosciuto. Sujata non capisce perché tutta la famiglia vuole far finta di non aver mai avuto una persona di nome Brati, di dimenticarlo e quando ne parla lo fa esclusivamente nominandolo come criminale e terrorista. Lei è dilaniata da un profondo senso di colpa, perché non l'aveva capito? Perché non aveva sentito le grida di dolore di suo figlio? Perché aveva continuato a vedere il ragazzo sorridente di sempre che tutti i giorni usciva da casa per andare a studiare all'università senza dare peso alle sue idee di rivoluzione per un mondo meno ingiusto?

Sujata vuole capire e così torna alla famiglia di Somu, uno degli altri ragazzi uccisi con Brati (Joy Sengupta). Poi va a trovare Nandini (Nandita Das), la ragazza e compagna di Brati, resa mezza cieca dalle torture della polizia. Questo tentativo di capire le ragioni della morte del proprio figlio portano Sujata a vedere il mondo degli oppressi e a iniziare a capire le grandi disuguaglianze che caratterizzano la società indiana. Allo stesso momento, questo viaggio di scoperta fa capire a Sujata la ipocrisia della propria vita, la vita fatta di facciata, nella quale lei stessa è calpestata ogni giorno nel suo ruolo di madre, donna e moglie.

Il film è molto forte con alcune delle attrici più brave del cinema indiano di Mumbai - Jaya Bhaduri, Seema Biswas e Nandita Das.

Seema Biswas nel ruolo di madre di Somu presenta un performance incredibile. Il suo urlo del pianto rituale quando Sujata entra nella sua casa per la prima volta (in diverse parti del India, dopo la morte di un famigliare, ogni volta che un amico o un parente entra in casa per la prima volta, c'è il pianto rituale) fa drizzare i peli. Quando c'è lei sullo schermo è difficile toglierle gli occhi di dosso.

La parte del film legata a Nandini, la ragazza di Brati, che spiega le motivazioni del movimento di Naxalbari, mi è sembrata un po’ meno efficace perché troppo pieno di parole. Sembra di vedere qualcuno recitare un libro piuttosto che una scena del film. Nandita Das al suo primo film nel ruolo di giovane e magra “naxalite” (rivoluzionaria) con la fibra di acciaio che non si piega alle torture, non è perfetta ma fa già intuire che diventerà un'attrice di grande sostanza.




Ma tra tutti gli attori del film, la migliore è Jaya Bhaduri, nel ruolo di Sujata. L’attrice è tornata a recitare per questo film dopo un intervallo di circa venti anni, ed è la sua interpretazione migliore in una carriera fatta di molti film belli. Il dolore nei suoi occhi, la sua confusione, la sua fatica di capire quello che sta succedendo e alla fine, la sua consapevolezza, tutto diventa credibile. In molte scene del film riesce a trasmettere sentimenti complessi senza gesti o parole. (nella foto sopra, Jaya Bhaduri vestita in bianco con Nandita Das)

Non è un film per passare il tempo - è un film molto impegnativo. Fa parte dell’ ormai defunto Art cinema di Mumbai che si differenziava dal cinema commerciale (masala film) di bollywood. Alla fine possiamo concordare o meno con i ragionamenti dei suoi protagonisti riguardo le cause delle disuguaglianze sociali in India e secondo loro, la necessità della violenza della loro lotta, ma sicuramente è difficile restarne indifferenti.

Personalmente non concordo con le lotte armate perché non portano a nessun cambiamento reale, sostituiscono un'oppressione con un'altra. Anche i protagonisti del film del regista Govind Nihalani arrivano alla stessa conclusione. Govind è uno dei registi dissidenti di Mumbai più importanti, iniziò la sua carriera come cinematografo nel lontano 1962. Tra i suoi film più importanti come cinematografo, c’è anche Gandhi di Richard Attenborough. Dal 1981, quando lui esordì come regista con il suo primo film, Aakrosh (la rabbia), ha seguito la strada dei film denuncia, compreso il più recente Dev, già recensito sul Kalpana.

martedì 6 giugno 2006

Non ho ucciso Gandhi

Il titolo del film mi ha molto incuriosito "Maine Gandhi Ko Nahin Mara" (Non ho ucciso Gandhi). Cosa significa “non ho ucciso Gandhi”? Lo so chi ha ucciso Gandhi, si chiamava Nathu Ram Godse e fu impiccato.

E’ il primo film del regista Jahnu Barua, prodotto dall'attore Anupam Kher, già conosciuto al pubblico italiano come il padre sikh della ragazza indiana in "Bend it like Beckham".




Trama del film: Il film è la storia di un vecchio professore, Uttam Chowdhury (Anupam Kher). Il professore è in pensione e sta perdendo la memoria. Delle volte non si ricorda che è in pensione o che sua moglie è morta un anno e mezzo fa. Delle volte si ricorda quella volta che era finito in un'aula diversa da dove doveva andare a insegnare. Il professore vive con la figlia Trisha (Urmila Matondkar) e il figlio Addi (Karan Chaudhury). Il figlio maggiore Ronu (Rajit Kapoor) vive in America.

Trisha è innamorata di Ashish ma per il matrimonio Trisha deve essere “approvata” dai genitori di Ashish perché lui non vuole sposarsi senza il consenso dei genitori. Addi, il fratello di Trisha è preoccupato, se lei si sposerà chi baderà a suo padre? “Possiamo mandarlo in un istituto”, propone, “non voglio rovinarmi la vita”. Trisha è sconcertata dall’insensibilità del fratello ma Ashish rompe ogni legame con lei – i suoi genitori hanno paura che la malattia del professore sia ereditaria e non vogliono che il loro figlio sposi Trisha.




Improvvisamente la condizione mentale del professore peggiora, comincia ad avere delle allucinazioni e più volte borbotta “Non ho ucciso Gandhi di proposito, è stata una disgrazia. Pensavo di avere una pistola giocattolo, ma qualcuno ha messo una pallottola vera alla mia insaputa e quando ho sparato, Gandhi ha attraversato la mia strada e così è rimasto ucciso.” Nessuno riesce a capire il motivo di queste allucinazioni e le condizioni del professore si deteriorano di giorno in giorno.

Addi, il figlio più giovane telefona al fratello maggiore in America e Ronu torna a Bombay.

Trisha va parlare con Sidharth (Praveen Dabas, conosciuto al pubblico in Italia come lo sposo nel film di Mira Nair, Monsoon Wedding), un altro psichiatra. Indagando si scopre il motivo di queste allucinazioni. Si tratta di una ferita dell’infanzia, mai chiusa. Quando il professore aveva 8 anni, in un gioco con altri bambini aveva sparato una freccia alla foto di Gandhi e quello stesso giorno Gandhi venne assassinato. Il padre del bambino, seguace convinto del Mahatma, si arrabbiò con il figlio per aver osato profanare la foto del Mahatma e pensa che in qualche modo il gesto del bambino abbia fatto morire Gandhi.

Lo psichiatra decide di organizzare una finta seduta da tribunale coinvolgendo un gruppo di attori per fare un processo al professore, "colpevole" per aver assassinato Gandhi. Il finto processo dichiara che non fu il bambino a sparare a Gandhi. Il professore in un momento di lucidità si guarda intorno nella finta aula del tribunale.. e riconosce che si, non fu lui ad uccidere il Mahatma, ma che ormai il Mahatma è solo un simbolo vuoto, una faccia da stampare sulle banconote, ma tutti hanno dimenticato il suo messaggio.. nessuna pensa ormai più ai suoi insegnamenti.

Commenti: La storia del film sul trauma dell’infanzia che affiora quando le memorie iniziano a morire è molto interessante e il film è molto coinvolgente. L’attore Anupam Kher, nel ruolo del professore malato è grandioso. Anche gli altri attori, soprattutto Urmila Matondkar nella parte della figlia Trisha, sono bravi. La musica del film (Bappi Lehri) anche se alle volte troppo ripetitiva, è efficace.

Se vi piacciono i film seri, questo film vi piacerà. L’unica parte che ho trovato meno convincente è il momento di lucidità del professore verso la fine. La sua predica finale, molto bella e commovente, non mi sembra molto logica con il resto del personaggio e la sua malattia.

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