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domenica 12 febbraio 2023

Mortalità in Italia 2021-2022

Avevo iniziato a guardare il programma di John Campbell su YouTube nei primi mesi dell'epidemia di Covid-19 nel 2020. Da quando l'emergenza Covid è finita, non lo guardo molto spesso. Invece, stamattina per caso ho guardato il suo video di ieri (11 febbraio 2023) e ho trovato una notizia inaspettata - Europa ha continuato ad avere un alto tasso di mortalità, superiore alla media Pre-Covid, per tutto il 2022.

Hanno messo insieme i dati sulla mortalità dai vari paesi del mondo e l'hanno confrontato con la media della mortalità settimanale nei 5 anni prima del Covid. Secondo John, Inghilterra ha avuto il 9% di mortalità in più nel 2022, ciò è, intorno al 60.000 morti in eccesso.

Secondo i dati, le percentuali dell'eccesso di mortalità in alcuni dei paesi sviluppati sono le seguenti: Danimarca +30%, Francia +25%, Germania +43%, Irlanda +20%, Olanda +37% e Regno Unito +20%.

Mortalità Eccessiva in Italia

L'analisi di John non comprende l'Italia. Sono andato sul sito di Our World in Data e ho trovato che i dati italiani sono disponibili soltanto fino a fine ottobre 2022 e per questo motivo non appaiano nelle analisi internazionali.

Ho fatto due tipi di analisi sui dati italiani. 

Nel primo grafico ho controllato i dati italiani per il 2021-22, da gennaio 2021 fino all'ottobre 2022 (grafico nell'immagine qui sotto).

In questo grafico, la linea grigia sotto (segnata con 0%)  rappresenta la media della mortalità pre-covid mentre la linea verde rappresenta la mortalità post-covid. Tutte le volte che la linea verde va sotto la linea grigia, vuol dire che in quel giorno, la mortalità post-covid era meno della mortalità media pre-covid, mentre tutte le volte che la linea resta sopra, abbiamo la mortalità eccessiva.


Nel 2021, il picco della mortalità eccessiva (>25%) era stata raggiunta nel primo semestre, ma dopo questo abbiamo continuato ad avere i picchi tra il 10-15%. Nel 2022, abbiamo continuato ad avere l'eccesso di mortalità con dei picchi tra il 5-10%, tranne che in estate, quando il picco è arrivato al 35%.

Il secondo grafico (qui sotto) copre un periodo più lungo (dal settembre 2020 al 1° gennaio 2023) e confronta l'eccesso di mortalità in 4 paesi - Italia (linea verde), Francia (linea viola), Germania (linea rossa) e Stati Uniti (linea violetta).


Si vede dal grafico che il picco di mortalità eccessiva più alto in assoluto tra questi 4 paesi è stato in Italia il 22 novembre 2020, quando aveva raggiunto il +55%. Anche se dal 2020 fino all'ottobre 2022, Italia ha continuato ad avere quasi continuamente l'eccesso di mortalità, ma in confronto agli altri paesi, le percentuali mi sembrano più contenute.

Invece, tra questi 4 paesi, la Germania ha avuto maggiori oscillazioni da picchi di -10% a picchi di +43% (quest'ultimo nel 2022). 

Capire i Motivi della Mortalità Eccessiva

Ho letto qualche articolo che collega questo eccesso di mortalità alle vaccinazioni anti-covid, ma questa spiegazione non mi convince, soprattutto perché sono passati quasi 2 anni dalla terza dose del vaccino. E' possibile che qualcuno con miocardite o polmonite legato al Covid o qualcuno con una reazione legata ai vaccini sia morto a distanza di qualche mese o anno, ma questa non può essere la causa principale di questi dati.

Immagino che i ricercatori dell'Istituto Superiore della Sanità stanno esaminando le cause dei morti del 2022 e confrontandole con i dati pre-covid per capire dove sta il problema.

Penso che una delle cause che contribuisce all'eccesso di mortalità in Italia sia legato alle difficoltà di accedere al medico di base, alle visite e agli esami nella fase post-covid.

Fino ai primi mesi del 2020, quando stavi poco bene, ti recavi dal tuo medico di base e aspettavi il tuo turno. Ora devi chiamare, fissare l'appuntamento che potrebbe essere tra 10 giorni o anche 2 settimane, sia per vedere il medico di base o per i prelievi. Per le radiografie o gli esami particolari e le visite specialistiche, anche urgenti, ti tocca aspettare mesi, avere un appuntamento in un servizio lontano da casa o andare a pagamento. Penso che molti anziani non riescono a starci dietro a chiamare e cercare appuntamenti o sollecitarli e non hanno i soldi per pagare i privati.

Se l'analisi dei dati mostrerà che a morire sono soprattutto gli anziani, le difficoltà di accesso al SSN potrebbero essere una causa significativa dietro a questa situazione.

Il Sito di Our World in Data

Se vi interessano i dati su specifici temi, penso che dovreste provare a visitare questo sito. Su ogni argomento, potete scegliere i paesi da esaminare (e con il mouse potete trascinare il pulsante per scegliere il periodo che vi interessa).   

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domenica 21 agosto 2022

Covid, Vaccino e Mortalità

Una recente analisi dei dati raccolti in Inghilterra ha mostrato un aumento del tasso settimanale di mortalità nella popolazione. In confronto alla media dei morti nei 5 anni precedenti, ogni settimana muoiono circa il 13-14% di persone in più. Soltanto una parte di queste morti può essere imputata al Covid, ma tutti i motivi di questo aumento non sono chiari. In tanto sembrano aver trovato delle sorprese riguardo il numero delle persone con reazioni legate ai vaccini anti-covid.

Il Video di John Campbell

Dott. John Campbell, è un bravo divulgatore delle informazioni mediche con circa 2,4 milioni di seguaci su YouTube. L’avevo scoperto nel 2020 perché riusciva a fornire gli aggiornamenti sulle diverse tematiche legate al Covid in maniera chiara e semplice. È una persona pacata che misura bene le sue parole. Lui ha parlato dell’eccesso della mortalità in Inghilterra nel suo video del sabato 20 agosto mattina.

Eccesso di Mortalità

L’eccesso di mortalità settimanale (intorno al 13-14%) si nota negli ultimi 2-3 mesi. Nel periodo precedente, il tasso di mortalità settimanale sembrava meno in confronto al passato perché l’anno scorso in questo periodo vi erano stati molti più morti dovuti al Covid.

Una parte di questi morti in più sono dovuti al Covid. Inoltra, una parte potrebbe essere dovuto alla continuazione del disfunzionamento dei servizi sanitari causato da questioni legate al Covid, in quanto sembra che le persone fanno fatica ad accedere ai servizi.

Mortalità Eccessiva e il Vaccino Anti-Covid

La domanda che lui si è posto era: L’eccesso di mortalità di questi giorni può essere legata alla vaccinazione anti-covid? Ha cercato le informazioni e ha fatto una domanda alle autorità sulla base della legge “Right to Information” che garantisce il diritto di accesso alle informazioni – secondo queste informazioni, vi erano 10 persone morte legate alle complicazioni del vaccino anti-covid.

A questo punto lui ha controllato i rapporti del “Cartoncino Giallo” per i tre vaccini anti-Covid principali che sono stati usati in Inghilterra (Pfizer, Astra-Zeneca e Moderna). Il sistema del Cartoncino Giallo è usato in Inghilterra per segnalare le reazioni averse alle medicine e ai vaccini. Secondo l’analisi di questi rapporti, un totale di circa 2.100 persone erano morte dopo aver ricevuto uno dei vaccini Covid.

Non è facile capire tutte le cause di questi morti. Una parte di questi 2.100 morti erano “morti in concomitanza temporale” ma non dovuti al vaccino, ciò è, le persone sono morte entro 1-2 settimane del vaccino per altre cause. Per ciò realmente soltanto una parte di questi morti erano dovuti al vaccino.

Un’altra possibilità è che le morti dovute al vaccino erano molte di più, perché gli studi hanno mostrato che soltanto il 10% di persone con reazioni gravi legate alle medicine e ai vaccini si registrano nel sistema del Cartoncino Giallo.

Reazioni Averse ai Vaccini in Italia

Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha un sistema per la segnalazione delle reazioni ai farmaci e ai vaccini simile al sistema del Cartoncino Giallo in Inghilterra. Sia il personale sanitario che i singoli cittadini possono compilare un modulo online per segnalare la reazione aversa. 

AIFA valuta tutte le segnalazioni di reazioni averse e inoltre prepara un rapporto trimestrale sulle reazioni ai vaccini anti-Covid. Secondo l’ultimo rapporto di AIFA uscito alla fine di giugno 2022 sulle reazioni a questi vaccini, vi sono state 0,1% di segnalazioni di reazioni averse (ciò è, 100 reazioni per ogni 100.000 vaccinazioni) e circa il 18% di queste erano definite gravi.

Immagino, come in Inghilterra, anche in Italia soltanto una piccola parte delle persone con le reazioni le hanno segnalate.

Per esempio, 6 giorni dopo la seconda dose del vaccino Pfizer, ho iniziato ad avere molti extra-sistoli, anche 10-15 al minuto. L’ecocardiografia effettuata dopo circa 15 giorni ha evidenziato questi extra-sistoli ed ha assicurato che non vi era un impatto negativo sul funzionamento cardiaco. L’esame con holter cardiaco 4 mesi dopo evidenziato la persistenza degli extra-sistoli, anche se erano meno frequenti (3-5 al minuto). Più di un anno dopo continuo ad averli. Nel frattempo, ho anche avuto la 3° dose (con vaccino Moderna). Questi erano dovuti al vaccino, non lo so. In ogni caso, non sono stati segnalati a nessuno.

Conclusioni

In Italia e nel mondo, tra alcuni gruppi di persone vi è stato un forte sospetto verso i vaccini, compreso tra il personale sanitario, e queste hanno rifiutato di farsi vaccinare. Ciò rende importante non creare nessuna psicosi sull’aumento della mortalità settimanale in Inghilterra.

Dall’altra parte, penso che gli scienziati hanno bisogno di analizzare i dati sull’impatto reale dei vaccini anti-Covid e anche sui loro effetti collaterali compreso le eventuali morti in eccesso. Per questo motivo, i dati inglesi richiedono attento controllo e analisi. Se dovesse venire fuori che i sistemi sanitari hanno nascosto delle informazioni a questo riguardo, creerebbe un ulteriore senso di sfiducia verso i governi e verso i sistemi sanitari per le future epidemie.

Aggiornamento (29 agosto 2022)

Dopo una settimana, vi sono ulteriori conferme riguardo l'eccesso di mortalità non legata al Covid. Ieri, la Scozia ha confermato che vi è circa 10% di eccesso di mortalità. Analisi dei dati mostra che questo eccesso di mortalità tocca tutte i diversi gruppi di età. Secondo alcuni scienziati, tra 2020-21, molti anziani con co-morbidità sono morti per l'infezione da Covid, per cui, quest'anno si aspettava un calo nel tasso di mortalità.

giovedì 16 ottobre 2014

Inseguire il sogno

Sono già passati più di tre mesi da quando sono tornato in India con il sogno di iniziare una nuova fase della mia vita.

Ero partito con l'idea di lavorare in qualche zona rurale isolata, con le persone più emarginate e povere. Pensavo che mi piacerà vivere in mezzo ai gruppi indigeni e lavorare con loro. In questi mesi, ho viaggiato molto, visitando diversi gruppi e progetti. Ho conosciuto molte persone belle e ho fatto alcuni amici nuovi. Ma ogni viaggio è anche un viaggio interno, e da queste esperienze ho imparato qualcosa di più su me stesso e su quello che desidero.

Progetti visitati da Sunil - Immagini di Sunil Deepak, 2014

In questo post, voglio condividere con voi alcuni appunti di questo mio girovagare.

STATI DELL'INDIA VISITATI

India è suddivisa in diversi stati. Ogni stato può essere paragonato ad una delle regioni italiane, anche se gli stati indiani sono molto più grandi e popolosi. Diversi stati indiani hanno più popolazione di tanti altri paesi indipendenti. Per esempio, lo stato di Uttar Pradesh con più di 200 milioni di abitanti e lo stato di Madhya Pradesh con  circa 75 milioni di abitanti, sono più grandi di molti paesi.

La seguente mappa mostra gli stati che ho visitato (in rosso) fin'ora: Delhi, Haryana, Uttar Pradesh, Madhya Pradesh, Chattisgarh e Himachal Pradesh.


Progetti visitati da Sunil - Immagini di Sunil Deepak, 2014

In ogni stato ho visitato diverse realtà tra associazioni, movimenti, organizzazioni e i loro progetti. Ho già scritto su questo blog della mia visita all'ospedale della dott.sa Brigeetha a Lucknow e della visita alle persone che lavorano con i popoli indigeni a Kesla in Madhya Pradesh.

Oggi vi voglio parlare delle due altre esperienze significative - l'ospedale della JSS a Ganiyari nello stato di Chattisgarh e il progetto di SHARE nello stato di Himachal Pradesh.

L'OSPEDALE JSS A GANIYARI (CHATTISGARH)

L'ospedale JSS è nato nel 2001 quando 4 coppie di giovani medici indiani pieni di idealismo hanno deciso che volevano lavorare per e con i gruppi indigeni che vivono nel distretto di Bilaspur. Le autorità distrettuali avevano messo a loro disposizione alcuni edifici abbandonati di una vecchia fabbrica situata a circa 25 km dalla città di Bilaspur, nel villaggio di Ganiyari.

La zona di Ganiyari è circondata dalle foreste e dalle colline, dove vivono molti gruppi indigeni, tra i quali i più numerosi sono i Gond e i Baiga. Una parte della foresta è dentro una zona protetta di un parco naturale dove si trovano anche le tigri e gli elefanti, oltre a tanti altri animali e uccelli.

JSS ovvero Jan Swasthya Sahayog (Collaborazione dei Popoli per la Salute), gestisce un piccolo ospedale con circa 60 posti letto e 4 centri sanitari periferici nelle comunità indigene. Inoltre, hanno un piccolo centro di formazione per il personale sanitario paramedico.

Progetti visitati da Sunil - Immagini di Sunil Deepak, 2014

Progetti visitati da Sunil - Immagini di Sunil Deepak, 2014

L'ospedale JSS è diventato famoso in tutto lo stato per l'alta qualità del suo servizio. I malati vengono da loro per farsi curare anche da altri distretti. Ogni giorno arrivano centinaia di nuovi malati agli ambulatori dell'ospedale. E' come un grande pronto soccorso con delle lunghissime liste d'attesa.

Ho parlato con alcuni di loro e chiesto perché stavano li ad aspettare per dei giorni quando vi erano tanti altri ospedali governativi, meno affollati e più vicino a dove abitavano? Tutti mi hanno risposto che nell'ospedale della JSS vi sarà qualche che li guarderà con attenzione e cura, e che saranno trattati con dignità, come delle persone!

I centri periferici di JSS coprono tutti i villaggi circostanti e hanno 1-2 infermieri e alcuni paramedici. Questi centri rispondono ai bisogni urgenti della popolazione. Inoltre, ogni villaggio della zona coperta ha un piccolo centro di salute comunitario seguito da un agente comunitario.

Progetti visitati da Sunil - Immagini di Sunil Deepak, 2014

A JSS mi hanno proposto di occuparmi del programma lebbra e di avviare un programma di riabilitazione su base comunitaria nei villaggi. Lavorare in un progetto simile era il mio sogno. Invece a Ganiyari ho avuto paura all'idea di vivere in quella zona, lontano da tutto e da tutti. Subito ho pensato che avevo paura perché in quei giorni ero rimasto stremato da una lunga diarrea che non rispondeva alle medicine. Per questo motivo, ho chiesto un po' di tempo per prendere una decisione.

Dopo più di un mese da questa visita, continuo a sentire un grande senso di ammirazione per il lavoro svolto da questo progetto. Penso che mi piacerebbe andare da loro ogni tanto per seguire delle attività specifiche. Ma l'idea di andare a vivere a Ganiyari per degli anni, mi lascia con un grande senso di disagio e di paura.

Progetti visitati da Sunil - Immagini di Sunil Deepak, 2014

Forse sono troppo vecchio per un lavoro simile - cerco di giustificarmi a me stesso!

IL PROGETTO DI SVILUPPO COMUNITARIO, MANALI

Ren e Leo sono una coppia, vecchi amici di famiglia, che vivono a Manali a circa 2000 metri di altitudine nelle montagne della valle di Kullu nello stato di Himachal Pradesh. Ren è indiano di 86 anni e Leo è di origine olandese di 83 anni. Quest anno hanno celebrato 59 anni di matrimonio. Dopo aver concluso le loro carriere, 26 anni fa avevano deciso di stabilirsi a Manali e avviare diversi progetti a favore delle comunità locali. Così era nata SHARE (Condividere), la loro associazione.

Progetti visitati da Sunil - Immagini di Sunil Deepak, 2014

L'Associazione SHARE è coinvolta in diverse attività sanitarie e di sviluppo comunitario, legate all'educazione dei bambini, alla gestione di un'orfanotrofio, alla costruzione di toilette nei villaggi, e alla formazione professionale dei giovani.

Attualmente SHARE funziona solo con i contributi delle comunità locali e non può coprire il mio salario, per cui, se voglio collaborare con loro, devo cercare un altro lavoro a Manali. Insieme a Ren, sono andato a visitare un'ospedale missionario gestito dalla chiesa anglicana a Manali per vedere se vi erano delle possibilità di lavoro per me. Il responsabile dell'ospedale è stato subito interessato ad esplorare la possibilità di lanciare un programma comunitario, ma secondo lui bisogna aspettare la fine d'inverno per questo, ciò è, fino all'aprile 2015.

Per approfittare della mia presenza a Manali, Ren mi ha chiesto di organizzare alcune sessioni di formazione per le donne che operano nei villaggi in qualità di operatrici sanitari nel progetto sanitario di SHARE. Oltre a curare la formazione delle operatrici sanitarie in aula, ho accompagnato molte di loro nelle visite alle case delle persone nei villaggi. Era una bella opportunità per conoscere la vita dei villaggi.

Progetti visitati da Sunil - Immagini di Sunil Deepak, 2014

La parte più bella di questa visita a Manali era quella di stare insieme a Ren e Leo e ascoltare le storie della loro vita, dei loro viaggi in Europa e nel mondo, e delle loro avventure nei villaggi nei dintorni di Manali. Ogni volta che uscivo con loro, anche nei villaggi più sperduti, vi erano sempre delle persone che li conoscevano e che subito si rendevano disponibili a ospitarci e a parlarci.

So che Ren e Leo sperano che l'anno prossimo verso aprile tornerò da loro. Vedremo se qualcosa potrà nascere da questa visita.

NON TUTTO E' BELLO

Alcune realtà che ho visitato in questi 3-4 mesi non erano molto belle.

Qualche volta, mi è sembrato che le persone avevano perso il loro idealismo e il loro entusiasmo, magari dopo anni di lavoro ammirevole. Forse il contesto locale si era cambiato o si erano cambiati loro?

Alcuni altri, sotto la bandiera di qualche ONG locale, fanno delle operazioni di lucro personale, spesso a scapito di quelle persone che dovrebbero aiutare. Alcuni di loro sono abili comunicatori e si presentano come dei grandi esperti delle problematiche dei poveri. Sono spesso invitati alle conferenze nazionali ed internazionali. E' facile lasciarsi ingannare da loro perché si presentano bene. Ma poi basta parlare con i loro collaboratori e con i loro beneficiari, e si capisce subito che c'è del marcio!

Parlavo di queste ONG fasulle con un amico e lui mi ha risposto, "Creare delle ONG è oramai un'attività imprenditoriale in India per i guadagni facili. Tanti politici e tanti commercianti, creano delle associazioni benevole per prendere i fondi governativi, ma poi aiutano solo se stessi o le proprie famiglie. Tutti sanno che sono corrotti."

IL FUTURO

Ho due impegni internazionali nelle prossime settimane - una riunione dell'Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) che si terrà a San Paolo in Brasile e un seminario sulla lebbra che si terrà a Dublino in Irlanda. Tra questi due impegni internazionali, spero di passare qualche giorno con la famiglia a casa in Italia.

Penso di tornare in India verso la metà di novembre e di riprendere il mio girovagare alla ricerca del progetto del mio sogno. I miei prossimi viaggi saranno probabilmente nel nord-est dell'India, per i quali ho ricevuto qualche proposta. Sono fiducioso che prima o poi troverò quello che cerco!

Voglio ringraziare tutti gli amici che continuano a chiedermi come possono aiutarmi o sostenermi. Non ho bisogno di aiuti. Almeno non per il momento! Invece se potete, date un contributo all'AIFO per il prezioso lavoro che continua a portare avanti a favore dei malati di lebbra e delle persone disabili, anche in India! Mentre giro tra i vari progetti in India, mi rendo conto della serietà del lavoro svolto da AIFO. Potete trovare maggiori informazioni su come aiutare AIFO alla loro pagina web. Grazie in anticipo.

Progetti visitati da Sunil - Immagini di Sunil Deepak, 2014

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martedì 16 settembre 2014

Nella terra degli sfollati

I villaggi intorno a Kesla nella parte centrale dell'India (provincia di Madhya Pradesh), sono circondati dalle foreste e sono pieni di sfollati - persone che hanno dovuto lasciare le loro terre e le loro case più volte negli ultimi decenni. In agosto ho visitato Kesla durante la mia ricerca per un progetto di salute comunitaria dove posso impegnarmi per i prossimi anni della vita.

Durante questa visita, oltre a tutto il resto, mi sembra di aver "scoperto" degli strani buchi nella roccia vicino al fiume di Kesla - ho pensato che potevano essere le tracce dei dinosauri. Forse un geologo o archeologo potrà darci una spiegazione corretta di questi buchi!

Questo post presenta alcuni appunti dal mio diario di Kesla. Iniziamo il post con una immagine che presenta le simpatiche scimmie langour dalla faccia nera, molto comuni a Kesla.

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

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La persona che mi aveva invitato a visitare Kesla era un mio omonimo, si chiamava Sunil. Aveva un dottorato in economia ma poi invece di cercare carriera, all'inizio degli anni 1980 aveva deciso di vivere a fianco dei gruppi indigeni di Kesla e a lottare con loro per i loro diritti. Era accompagnato da sua moglie Smita e da un amico Rajnarain. Dopo qualche anno, Rajnarain era morto in un incidente stradale ma Sunil e Smita erano rimasti là.

Durante gli anni 1990, affiancati da Sunil e Smita, gli indigeni sfollati dalle loro terre per la costruzione di una grande diga sul fiume Tawa, avevano lottato con il governo statale per il loro diritto di pescare nel grande lago della diga. Alla fine, il governo aveva accettato le loro richieste. In seguito, Sunil aveva aiutato i pescatori indigeni a costituirsi in cooperative ed a creare una federazione delle cooperative. Il successo dell'iniziativa aveva attirato l'attenzione di molti attivisti e ambientalisti da diverse parti dell'India. (Nell'immagine sotto, il lago creato dalla diga sul fiume Tawa).

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

In ottobre 2013 avevo scambiato alcuni email con Sunil e lui mi aveva proposto di andare a lavorare con il suo gruppo per avviare un piccolo progetto di salute comunitaria nel villaggio di Kesla. Purtroppo alcuni mesi dopo, in aprile 2014, a 54 anni la vita di Sunil era stata stroncata all'improvviso da un'emorragia cerebrale.

Quando ero arrivato in India all'inizio di luglio, non sapevo se valeva la pena di andare a visitare Kesla. Invece poi Smita mi aveva assicurato che lei era intenzionata a proseguire il suo lavoro tra gli abitanti di Kesla e mi aveva rinnovato l'invito ad andare a visitarli.

Kesla è un piccolo villaggio di circa 2000 abitanti. Si trova sulla strada statale che collega il capo luogo distrettuale Hoshangabad alla città di Nagpur. A Kesla ero ospite presso la casa di Smita, in un altro villaggio vicino, Bhumkapura. Circondato da colline e da foreste, tutta l'area è molto bella. (L'immagine sotto presenta i pescivendoli al mercato settimanale del villaggio di Kesla).

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

Gli gruppi indigeni di Kesla

I residenti dei villaggi intorno a Kesla comprendono due gruppi indigeni - i Korku e i Gond. Alcuni villaggi hanno la maggioranza Korku mentre altri hanno i Gond.

Felix Poudel, un famoso antropologo indo-inglese, sposato con una signora Gond e studioso dei gruppi indigeni indiani, ha spiegato nel suo libro "Sacrificing people" che diversamente da quanto succedeva negli altri paesi, in India i gruppi indigeni non vivevano completamente isolati, anzi erano in contatto con la maggioranza indù da più di due millenni. Alcuni gruppi indù, sopratutto le caste chiamate "basse", avevano una lunga tradizione di vivere nei villaggi indigeni e di occuparsi di alcuni compiti specifici. Nonostante questi scambi e contatti, i popoli indigeni continuavano a mantenere le proprie tradizioni, lingue, abitudini alimentari, modi di vestirsi, ecc.

Questo equilibrio tra i popoli indigeni e il resto dell'India durato millenni, si è trasformato negli ultimi decenni grazie alla globalizzazione. L'arrivo della TV satellitare e gli altri cambiamenti sociali come le scuole private hanno contribuito a questo cambiamento. Uno dei leader della comunità Korku mi ha spiegato, "Tutti pensano che essere un adivasi (persona indigena) significa essere un po' selvaggio, non civilizzato. Anche i nostri bambini la pensano. Per cui, non vogliono parlare la nostra lingua, preferiscono parlare l'hindi. Abbiamo le scuole private dove ti insegnano che è meglio parlare l'inglese. Le scuole gestite dai missionari sono le più ambite perché ti insegnano a parlare l'inglese molto meglio ed a diventare un sahib. Dalla scuola e dalla società i nostri figli hanno imparato a vedere le nostre abitudini tradizionali come qualcosa di inferiore. Da queste scuole, e dalla TV, si impara a disprezzare tutto quello che riguarda la nostra cultura tradizionale - le nostre danze, la nostra musica, la nostra lingua, il nostro modo di coltivare e di mangiare."

Per cui quando vedi per strada una persona, non puoi riconoscere se la persona appartiene ad un gruppo indigeno e a quale gruppo. Le loro tradizioni si stanno sparendo. Oramai, anche nei villaggi indigeni si celebrano feste indù come quella di Ganesh, con tanto di musica di Bollywood suonata a volumi altissimi da un DJ.

Dall'altra parte vi sono dei programmi governativi di assistenza per i gruppi indigeni per accedere ai quali, le persone hanno bisogno di ricevere un certificato che attesti la loro appartenenza al gruppo. Sempre più spesso le persone incontrano difficoltà a convincere gli ufficiali che sono "indigeni" perché hanno oramai abbandonato i loro costumi e modi di essere tradizionali.

Tutto questo è emerso durante le riunioni con i diversi gruppi indigeni nei dintorni di Kesla (nell'immagine sotto, una riunione con le studentesse indigene presso la scuola superiore ki Kesla).

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

La vita nei villaggi è molto spartana. Le persone vivono a stretto contatto con gli animali. Manca la rete fognaria e l'acqua corrente nei villaggi. Poche famiglie hanno un toilet. Fare il bagno significa lavarsi in pubblico vicino alla pompa dell'acqua. La maggior parte delle famiglie ha poche cose - per esempio, nonostante il grande caldo, quasi nessuno aveva i ventilatori (a parte che spesso mancava la corrente elettrica per cui avere il ventilatore non avrebbe cambiato niente! La prossima immagine presenta una bimba che fa il bagno all'aperto nel villaggio di Chakpura.)

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

Gli sfollati di Kesla

Intorno a Kesla, diversi villaggi hanno dovuto lasciare le loro terre ancestrali ed a cercare nuovi insediamenti. Il primo gruppo di sfollati erano le persone che vivevano intorno al fiume Tawa. Erano stati costretti a lasciare le loro terre quando il governo aveva deciso di costruire la grande diga di Tawa negli anni 1960-70. Negli anni 1980 erano arrivato i militari per costruire una grande fabbrica di materiale bellico e le bombe, costringendo altre famiglie a lasciare le loro terre.

Qualche anno dopo, avevano preso una lunga striscia di altra terra  per fare le prove delle bombe e degli ordigni esplosivi. Una parte di villaggi sono stati costretti a lasciare le loro terre mentre altri villaggi sono rimasti isolati, obbligati a fare dei percorsi lunghissimi per uscire. (La seguente immagine mostra la mappa della zone è stato costruito il centro per prove sugli ordini esplosivi).

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

Alla fine, sono arrivate le riserve naturali per le tigri e per gli altri animali. Per questo motivo, molte delle foreste intorno a Kesla sono state dichiarate "zone protette" per la salvaguardia degli animali.

Negli ultimi anni, il governo si è impegnato a risarcire i danni alle famiglie sfollate ma per decenni le persone sono state costrette a lasciare le loro terre senza nessun o con un minimo di sostegno. Stanche di essere costretti a cambiare case, la maggior parte delle persone ora chiedono adeguati risarcimenti per lasciare i loro villaggi e alcuni altri gruppi hanno rifiutano di lasciare.

Personalmente penso che creare le zone protette e salvaguardare la natura sia un'ottima scelta, ma si deve trovare un modo migliore per coinvolgere le popolazioni locali in queste iniziative affinché la costruzione della riserva naturale non sia solo qualcosa per i turisti ma diventi anche un modo di migliorare la vita delle persone locali. Non sono stati gli indigeni a tagliare le foreste, a distruggere l'ambiente o a uccidere le tigri - anzi, le loro vite sono molto rispettose della natura - non è giusto che siano completamente allontanati dalle loro foreste senza cercare delle nuove sinergie di vita tra loro e le riserve naturali.

L'area è ricca di bellezze naturali ma è sprovvista di molti servizi. Le prossime due immagini presentano - il fiume Sukhtawa e  "un'ambulanza locale" per il trasporto all'ospedale di una ragazza malata.

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014


Il gruppo di Kesla

Smita mi ha introdotto a tanti attivisti e volontari che collaborano con lei per promuovere lo sviluppo nelle comunità locali. Per esempio, signor Phag Ram è un leader comunitario Korku. E' membro del consiglio regionale di Kesla.

La signora Bistori è una giovane donna Korku, anche lei è una volontaria. Ha seguito un corso per fare l'operatrice sanitaria e promuove l'educazione alla salute nei villaggi. Quando me l'avevano presentata, mi sembrava che il suo nome forse "Bisturi" e l'avevo spiegato il significato della parola in italiano. Invece lei mi aveva spiegato che il suo nome nella lingua Korku significa giovedì. (nell'immagine seguente, Bistori con i ragazzi del villaggio mentre li spiega l'importanza di lavare le mani).

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

Un'altra attivista-volontaria, Guliya Bai appartiene alla casta dei Lohar, i fabbri - una delle caste indù considerate "basse", che vive in un villaggio Gond.

Le caste e i templi di Pachmadhi

Ho incontrato un segno potente del cambiamento che l'India tradizionale sta affrontando durante un viaggio alle montagne di Pachamadhi vicino a Kesla. L'autista della nostra macchina si chiamava Dubey, ed era un bramino. Lui era un grande amico di una delle persone del nostro gruppo - Rajeev, una persona della casta degli intoccabili. Vedere loro due a scherzare ed a chiacchierare durante il viaggio e poi, a mangiare insieme, era un'sorpresa molto piacevole per me - vuol dire che anche nei villaggi lontani finalmente qualcosa inizia a cambiare.

Rajeev, il ragazzo della casta degli intoccabili, è un insegnante di storia presso una scuola superiore. Secondo lui, molto è cambiato oggi per quanto riguarda l'atteggiamento delle persone verso le caste intoccabili, anche se ogni tanto lui deve fare i conti con le discriminazioni.

Il viaggio alle montagne di Pachmadhi era stato organizzato per tutto il gruppo di volontari di Kesla. Quando me ne avevano parlato avevo immagino delle passeggiate e magari un picnic all'aperto. Invece, la visita era completamente dedicata ai pellegrinaggi ai vari templi della zona. Nella spiritualità indù, le montagne sono considerate sacre e il Pachmadhi è piena di luoghi collegati ai miti e alle legende dell'induismo e delle religioni indigene.

Purtroppo quel giorno pioveva quasi sempre, per cui non era possibile visitare i vari templi con calma. Comunque, era una giornata di svago molto piacevole. (Le prossime immagini presentano due templi di Pachmadhi).

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

Un viaggio a Bhopal

Un altro giorno siamo andati a Bhopal per una riunione. Bhopal è la capitale della provincia di Madhya Pradesh, ed è a circa 2 ore di treno da Kesla. Nella mia testa, l'immagine di Bhopal è inesorabilmente legato alla tragedia di Union Carbide, il disastro chimico con migliaia di vittime nel 1984. L'avevo sempre immaginato come una città secca e polverosa. Invece sono rimasto sorpreso da questa città, piena di colline verdi e di laghi, molto diversa da come l'avevo immaginato.

La parte più bella di questo viaggio era una visita al Manav Sanghrahalaya, il museo antropologico di Bhopal. Il museo è pieno di informazioni sulle leggende e sui miti dei gruppi indigeni. Ero al museo per circa 4 ore ma avrei potuto passare delle giornate intere in questo museo senza stancarmi. Penso che sia uno dei più belli musei che mai visitato. Se vi interessano le culture indigene, non perdete questo museo. (Due immagini del museo nelle prossime foto).

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

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Progetto sanitario a Kesla

L'obiettivo della mia visita a Kesla era di valutare l'opportunità di avviare un progetto sanitario. Dopo lunghe discussioni sono arrivato alla conclusione che attualmente non vi sono le condizioni adatte per avviare un'attività del genere.

Il primo problema è la mancanza di altre figure che possono sostenermi in un progetto sanitario - penso che il bisogno è enorme e da solo, non potrò fare fronte a questo bisogno. Per avviare qualcosa del genere, avrò bisogno di altre figure.

Inoltre, loro non hanno nessuna infrastruttura per avviare un ambulatorio e non vi sono fondi per costruire qualcosa di nuovo.

Loro (Smita e altri attivisti e volontari) non vogliono prendere i fondi del governo perché pensano che ciò  comprometterebbe le loro lotte per i loro diritti. Non vogliono ne anche i fondi stranieri perché pensano che le agenzie straniere che finanziano i progetti in India sono parte di grandi corporazioni e/o multinazionali, e loro non vogliono niente dalle multinazionali.

Ho parlato a loro di AIFO, come è organizzata e come funziona, per spiegare che anche le ong straniere possono essere basate sugli ideali, ma ho dovuto ammettere che AIFO era l'unica associazione di questo tipo che conoscevo e che nei 30 anni di lavoro internazionale, non ne avevo incontrata un'altra organizzazione europea simile basata sui principi di partecipazione e democrazia.

Alla fine ho suggerito al gruppo di Kesla di aspettare per l'avvio del progetto sanitario e invece di avviare un piccolo programma di riabilitazione su base comunitaria (CBR) per aiutare le persone con disabilità dei villaggi, perché la possono avviare con le proprie forze senza chiedere i fondi a nessuno.

Abbiamo organizzato alcune riunioni nei villaggi per parlare dei problemi sentiti dalle persone con disabilità. (Le prossime due immagini presentano le riunioni comunitarie sulla disabilità).

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

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Alla fine, questo mio suggerimento è stato accolto dal gruppo e hanno deciso di condurre una piccola indagine per capire quante persone disabili vi erano nei villaggi. Ho promesso a loro di tornare a Kelsa periodicamente per sostenere i loro sforzi e per la formazione sulla CBR.

Le orme dei dinosauri

Il fiume Sukhtawa, letteralmente il fiume secco, passava dietro la casa di Smita. Una mattina durante una passeggiata lungo il fiume, ho visto due buchi rotondi nella roccia basalto ai margini del fiume. Ogni buco poteva contenere 3-4 zampe di elefante. Avevo letto che questa rocca è vecchia milioni di anni, è tra quelle più dure e costruire dei buchi in questa roccia non è semplice. Per ciò mi sono chiesto - chi aveva fatto quelli buchi e quando? Come erano riusciti a tagliare i buchi con i bordi così netti?

All'improvviso ho pensato alla scena di un dinosauro bloccato nella palude in qualche film - potevano essere le impronte di un dinosauro? Dopo quella volta, ne ho trovato molti altri buchi lungo il fiume, alcuni più piccoli, altri ancora più grandi.

Non so se qualcuno può provare se questi buchi sono segni dei dinosauri, ma per me da quella mattina, quella era diventata "la passeggiata dei dinosauri". Nessun altro a Kesla ha voluto a sostenere questa mia tesi che quelli buchi potevano essere i segni lasciati dai dinosauri, quando la roccia non era così compatta e magari vi era una palude in quell'area! (Le prossime 3 immagini presentano alcuni buchi rotondi ai margini del fiume Sukhtawa)

Kesla diary, India - images by Sunil Deepak, 2014

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Voi cosa ne pensate di questi buchi? Come si erano formati?

Gli alberi di Kesla

Lungo il fiume, vi sono delle foreste di alberi - la maggior parte degli alberi sono di sagon (Tek), con il legno pregiato.

Invece negli interni, vi erano molti alberi di Mahua. E' l'albero favorito dei gruppi indigeni indiani - il suo frutto è usato per creare un liquore molto usato dai gruppi indigeni. Produrre e vendere il liquore di Mahua è contro la legge ma più volte ho trovato alcuni gruppi a distillare questo liquore lungo il fiume. (Nell'immagine sotto, la distillazione illegale di Mahua).

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Conclusioni

I 10 giorni a Kesla si sono passati in un lampo. Non era un soggiorno molto comodo - dovevo condividere una camera con 2 altre persone in una capanna dove entrava l'acqua ogni volta che pioveva. Avevo paura di serpenti e di altri animali. Nei 10 giorni non mi ero mai guardato nello specchio, perché nella casa non vi era uno specchio. La casa di Smita era molto spartana, tutto ridotto all'essenziale.

Dopo qualche giorno a Kesla, avevo avuto una diarrea, e poi nonostante le cure, questa diarrea è tornata a tormentarmi più volte.

Ciò nonostante, mi sono trovato bene con Smita e gli altri attivisti-volontari. Ho passato molto tempo fuori a passeggiare, a visitare le famiglie e a parlare con le persone. Spero che le loro idee sulla CBR potranno essere realizzate e mi piacerebbe molto continuare a sostenere loro in questo loro sforzo.

***

venerdì 8 gennaio 2010

Diritto alla salute

Tramite amici ho ricevuto l'appello di Eleonora Artesio, Assessora alla sanità della regione Piemonte. Questo appello parla di "A difesa dell’equità e dell’universalità del sistema sanitario". Penso che questo appello solleva questioni molto importanti per il sistema sanitario in Italia. Qui sotto ho riportato una parte di questo appello:
Non stupiva né sembrava impossibile allora un percorso collettivo per ricercare equità nell’accesso alle opportunità e per condividere la selezione delle priorità: del resto le richieste di prevenzione dai rischi sul lavoro nascevano esattamente da una coscienza “comune” dei lavoratori indisponibili a scambiare ancora salute con salario; del resto la riforma sanitaria del 1978, che sancì il governo pubblico e la copertura universalistica dei servizi delle prestazioni sanitarie, scaturiva dalla cultura dei diritti fondamentali della persona definita dalla Carta Costituzionale e praticata nelle lotte delle organizzazioni sociali, dai sindacati ai comitati di quartiere. A 30 anni di distanza il PSSR della Regione Piemonte torna a parlare della salute come “bene comune”. Per i detrattori si tratta di retorica nostalgica. E’ invece una urgenza culturale e politica. Il diritto inalienabile della persona si è trasformato nel diritto dei cittadini che rivendicano la esigibilità delle cure in nome del prelievo fiscale col quale sostengono il servizio sanitario; la soddisfazione dei bisogni di salute è diventata equivalente al consumo di farmaci e di prestazioni; si confonde l’obbligo etico e sociale di curare con l’obbligo di guarire riducendo così a un costo le condizioni umane inguaribili, ma doverosamente curabili, come le malattie croniche. Così accade che i cittadini non incontrino più le persone e si può legittimare la follia secondo la quale i non contribuenti, specie se stranieri o diversi, non abbiano titolo a condividere risorse di protezione sociale: a questo abbiamo assistito quando legislazioni xenofobe hanno tentato di imporre al personale sanitario l’obbligo di denuncia degli immigrati irregolari; a questo assistiamo quando – colpevolizzando le persone per le loro patologie si contestano i costi dei servizi che, accettando le fragilità e le cadute, accompagnano il disagio mentale e le diverse dipendenze; a questo ci adattiamo quando si legge o si ascolta l’invettiva scagliata contro il tempo per l’attesa nell’incuranza di codici più urgenti. Queste tendenze non preoccupano solo per l’assenza di una etica pubblica, ma per la loro pericolosa saccenza. Sarebbe solo banale riconoscere che la condizione di ciascuno influenza il contesto comune ed è quindi, conveniente garantire il grado di salute di ciascuno per aumentare la qualità di salute dell’ambiente condiviso. Sarebbe salutare operare politicamente perché lo spazio pubblico si riappropri del tema della tutela della salute ora, non per essere chiamato a pronunciarsi come una tifoseria sull’autodeterminazione e sul fine vita – come accade ora – ma per riscrivere l’incontro più giusto tra il diritto individuale e il bene comune.
Potete leggere tutto appello e sostenere Eleonora Artesio, tramite il suo gruppo di sostegno su Facebook.

mercoledì 17 giugno 2009

Dimagrire seguendo i principi della dieta ayurvedica

Tra i libri bestseller della stagione estate 2009 in India, c’è anche il libro intitolato, “Don’t lose your mind – lose your weight” (“Non perderti la testa, perdi il tuo peso”, Random House India, 2009) scritto da Rujuta Diwekar. La signora Diwekar è la nutrizionista più famosa dell’India d'oggi, dopo che ha aiutato ad alcune attrici famose di Bollywood a perdere i chili di troppo con la sua tecnica di alimentazione ayurvedica.
La sua tecnica di dimagrimento è apprezzata perché non richiede i sacrifici da fame, normalmente richiesti per perdere il peso. A prima vista, leggere i suoi consigli non sembra affatto un modo per perdere i chili, ma sembra piuttosto un modo di guadagnare qualche chilo. Invece la lista delle celebrità che giurano l’efficacia di questa sua tecnica, continua a diventare sempre più lunga, per cui anche il numero delle sue seguaci continua a crescere.
Essere “magri e belli” è oramai un imperativo dettato da cinema, TV e le riviste che guidano l’opinione pubblica in tutti i paesi e tutte le culture. Essere grassi o percepirsi sovrapeso, è oramai paragonabile ad essere brutti o almeno essere poco attraenti, non solo per le donne ma anche gli uomini. Recentemente, avevo letto un articolo riguardo una uno studio condotto nelle isole Figi, dove avevano trovato che dopo l’introduzione delle trasmissioni televisive, avvenute solo nel 1995, il 70% delle adolescenti si sente sovrapeso e per la prima volta nella storia del paese, sono stati diagnosticati i casi di anoressia e di bulimia.
Anche in India, i criteri di bellezza sono cambiati. Una volta le donne formose e prospere erano considerate il simbolo di bellezza e di sex-appeal, oggi invece è la magrezza che regna sovrana. Poi, all’inizio erano solo le donne indiane che cercavano di mantenere o di ritrovare la linea, oggi anche gli uomini sembrano altrettanto preoccupati. Dall’altra parte, l’India è diventato il paese con il più alto numero di persone diabetiche al mondo, e il numero delle persone con problemi cardiovascolari continua a crescere nel paese, per cui, penso che parlare di controllare il peso e di seguire qualche regolare regime di esercizio, è importante.
Il primo consiglio che da Rujuta Diwekar nel suo libro è quello di voler bene a se stessi. Secondo lei, volersi bene, piacersi e non preoccuparsi del proprio peso, non diventare ossessionati dalla bilancia per controllare se uno ha perso qualche chilo o meno, non è solo il primo passo per perdere i chili di troppo, ma è importante anche per diventare più in forma. I muscoli e le ossa pesano di più del grasso, lei spiega, e per questo motivo, se una persona perde il grasso ma guadagna in muscoli e in consistenza delle ossa, potrebbe continuare a pesare lo stesso, anche se diventerà più snella e sana. Dall’altra parte, secondo Diweker le diete che limitano i nutrienti o che causano disidratazione, possono far perdere i chili in fretta, ma la persona diventa meno sana e in ogni caso, dopo un po’ quel peso perduto ritorna con ancora più forza.
Il suo secondo consiglio è quella di evitare tutti gli alimenti venduti come “prodotti dietetici” – ciò significa non prendere dolcificanti con poche calorie invece dello zucchero, di non bere bibite a calorie zero, di non mangiare patatine e gelati con meno grassi, ecc. Secondo Diweker, tutti questi prodotti sono dannosi e poi danno un senso di falsa sicurezza che “assumiamo meno calorie”, per cui alla fine, finiamo per mangiare di più. Invece lei consiglia di prendere tutti i prodotti genuini, oraganici senza pesticidi e conservanti chimici, e diventare molto piu' consapevoli di quello che mangiamo.
Il suo terzo consiglio è di cercare calma e tranquillità interiore, soprattutto quando si mangia, in quanto secondo lei, lo stress aumenta la trasformazione degli alimenti in grassi. Lei consiglia di dedicare tutta l’attenzione a gustare il cibo mentre si mangia. Ciò significa anche evitare di guardare la TV o avere discussioni animate durante i pasti. Cio' ci aiuta a sintonizzarsi meglio con i nostri corpi e di mangiare la quantita' giusta degli alimenti.
Il suo quarto consiglio è composto di 5 regole di base per l’alimentazione. Queste 5 regole sono: (1) mangiare cibi appena cucinati se possibile; (2) alimenti cucinati in piccole quantità per poche persone; (3) se possibile non sbucciate e non tagliate la verdurra e la frutta in pezzettini troppo piccoli; (4) mangiare gli alimenti che siete abituati a mangiare da vostra infanzia (alimenti e piatti locali e tradizionali); e (5) mangiare la frutta e la verdura cruda fresca secondo la stagione, ma solo come un mini pasto separato, e non durante o prima o dopo i pasti.
Il suo quinto consiglio è il nocciolo principale della sua dieta, da seguire con precisione, cura e regolarità. Questo consiglio e' composto di 4 principi di mangiare bene – questi 4 principi sono:
(1) Al primo risveglio alla mattina, non prendere ne il caffee o il thé come la prima cosa, invece mangiare un piccolo pasto entro i primi 10-15 minuti dal risveglio (lei consiglia di evitare completamente o almeno ridurre quanto possibile il thé o il caffee e le altre bevande con stimulanti come la caffeina, per ciò, evitate anche le bibite gassate come la Coca Cola). Secondo lei, ciò ci aiuta a aumentare il tasso di metabolismo del corpo, migliora la digestione e ci aiuta a andare di corpo. In generale lei sconsiglia di bere succhi di frutta e chiede di moderare il consumo della frutta. Se avete una voglia particolare di mangiare qualcosa che ha molte calorie, come un pezzo di torta, secondo Diweker, conviene mangiarne una piccola porzione (qualche volta), proprio alla mattina, appena alzati perché in quel momento il tasso di metabolismo è più alto e le calorie non aggiungeranno al grasso corporeo.
(2) Mangiare ogni 2 ore. Piccole porzioni o mini pranzi, ma ogni due ore secondo l’orologio. Lei consiglia di tenere snack come le noccioline o la verdura cruda o un pezzo di pane integrale in ufficio, per seguire questa regola. Secondo Diweker, ciò ci aiuterà a mantenere alto il tasso di metabolismo per tutto il giorno e a mangiare meno alla sera, quando il tasso di metabolismo di abbassa.
Lei suggerisce di tenere un diario per annotare ogni cosa, anche la più piccola cosa, che consumate durante la giornata per 5 giorni, per diventare consapevoli di che cosa mangiate effettivamente. Poi suggerisce di costruire una dieta bilanciata con carboidrati, proteine e grassi e di suddividere questa dieta in tanti mini pranzi da consumare ogni due ore.
Ovviamente, per essere efficace, bisognarebbe farsi aiutare da un nutrizionista per la costruzione della dieta, ma lei consiglia di non affidarsi dei professionisti che propongono le diete molto drastiche o le diete mono-cibo non bilanciate (tipo “mangiate solo cetrioli o solo frutta”).
(3) Aumentare le porzioni dei mini-pranzi e mangiare di più nei giorni quando siete più attivi, (attività fisiche). Nello stesso modo, ridurre le porzioni quando sapete che avrete meno attività fisiche.
(4) Non mangiare niente, assolutamente niente, per almeno due ore prima di andare a letto. Ciò è, prendete il vostro ultimo mini-pranzo almeno due ore prima di andare a dormire.
Comunque questa è solo una sintesi delle principali idee di questo libro, che ha molte altre riflessioni sul significato degli alimenti nel antico sistema indiano di benessere, il sistema ayurvedico, sugli alimenti da privileggiare o da evitare, e sulla costruzione della dieta. Per esempio, lei consiglia di fare gli eventuali esercizi o passeggiate, prima di mangiare. Invece dopo aver mangiato, lei suggerisce di non svolgere attività stressanti, per dare il tempo al proprio corpo di dedicarsi alla digestione.
Penso che una traduzione letterale di questo libro in italiano non sarà molto utile in Italia perché tutti i suoi esempi sono strettamente legati alla dieta indiana, e bisognerà rivederla per la dieta italiana. Ad un certo punto in questo libro, lei critica la nuova abituadine urbana in India di mangiare le pizze, secondo lei un cibo poco salutare, ma penso che lei ragiona sulle pizze americane fatte con la farina rafinata che si fanno nei locali delle multinazionali come il Pizza Hut o il Dominoes, nelle città indiane e che sono molto diverse dalle pizze che si trovano in Italia. Inoltre, se seguiamo il suo consiglio di “mangiare ciò che uno è abituato a mangiare da bambino”, in Italia dobbiamo ragionare proprio sulla dieta mediterranea.
Sto ancora ragionando se devo prendere sul serio i consigli di Diweker e tentare questa dieta perché anch’io mi sento sovrapeso e poco in forma. Comunque, non posso seguire nessuna dieta finché resterò in India, perche' faccio troppa fatica a dire no a tutti i dolci e le torte che mi portano i parenti.
Ma forse potrò sperimentare questi consigli quando tornerò a Bologna e poi vi dirò se hanno funzionato o meno!

domenica 1 febbraio 2009

I due mondi

Quello delle tradizioni e quello del nuovo. Il primo che si aggrappa al passato, alla storia, all’identità e il secondo che gode nel cambiamento, che si muta e trasforma continuamente. L’ho pensato, quando ho visto i due libri sulla cucina indiana. 
Il linguaggio è una strada con grossi buchi, dove rischi di cadere e restare intrappolato se non stai attento, sopratutto, quando parli in generalizzazioni. Una di queste generalizzazioni è la “cucina indiana”. Forse ogni famiglia indiana ha una sua cucina indiana, che si somiglia alle cucine degli altri, ma ha qualche tocco personale, che lo rende unico. Vi sono poi differenze regionali e statali, ulteriormente differenziate per le estrazioni culturali e religiose delle famiglie indiane, molto di più delle differenze tra le cucine delle diverse regioni italiane. 
I due libri sono – “Le ricette della tradizione vegetariana indù” di Jaya Murthy e Angela Fiorentini (2° edizione, edizioni ETS, 2008, 13,00 Euro); e “Bollywood in cucina” di Bulbul Mankani (edizioni Logos, 2008, 15,95 Euro, titolo originale The Bollywood Cookbook, 2006). 
Jaya è una cara amica che abita a Pisa, è di origine Kannadiga, ciò è della regione di Bangalore nello stato di Karnataka nel sud dell’India, ed è una delle autrici del libro “Le ricette della tradizione vegetariana indù”. 



Il suo libro rappresenta la visione tradizionale induista del rapporto tra l’uomo e la natura, dove l’alimentazione non è soltanto il piacere dei sensi e il gusto della vita, ma è anche il simbolo dell’unità essenziale tra tutti gli esseri viventi. 
Vandana Shiva, l’attivista e la sostenitrice indiana del rispetto della natura e della biodiversità, dice che i 33 milioni di devata (dei) della tradizione indù, ciascun devata rappresenta un elemento della natura e questa coniugazione tra sacralità e natura, costruisce le basi della convivenza tra gli esseri umani e tutti gli esseri viventi in uno spirito di rispetto e sostenibilità. In questa visione, la natura non è stata creata per essere sfruttata dall’uomo, ma è tutt’una con gli esseri viventi e non, dove la sopravvivenza di uno garantisce quella di tutti gli altri, e la scomparsa di ogni specie è una minaccia per tutti gli esseri. 
Spesso la “tradizione” è intesa come qualcosa di immutabile, un richiamo per il ritorno alle origini, ad uno stato di mitica purezza del passato. Personalmente non concordo con questa visione della tradizione, anche perché la storia ci insegna che il passato è tutt'altro che statico, immutabile e fisso. Alcuni degli ingredienti “tradizionali” delle cucine indiane, sono arrivati in India soltanto alcuni secoli fa, a partire dal peperoncino, patate, melanzane e pomodori. 
Ma se la tradizione è dinamica e mutevole, la globalizzazione ha definitivamente cambiato il suo tasso di cambio. Per tornare a Vandana Shiva, lei parla del rischio della “monocultura del pensiero”, dove gli infiniti aspetti della vita umana costruiti ed accumulati dall’uomo nel corso dei millenni che costituiscono le basi della biodiversità, è sotto pressione dalle avanzate delle multinazionali – quelle dei ristoranti a partire da Mcdonald e KFC, quelle delle grosse catene dei centri commerciali come i Walmart e quelle dei produttori di semi come il Monsanto. 



In questo senso, il libro di Jaya Murthy è importante perché parla di quelle tradizioni che non si trovano nei ristoranti indiani in giro per il mondo, che raccontano un mondo che poco alla volta cambia e scompare. 
Purtroppo, il libro ha poche immagini, per cui, per la maggior parte delle ricette dovrete immaginare il prodotto finale. Invece il libro ha una bella parte introduttiva dove si spiega la filosofia delle spezie, l’uso degli utensili, e un’introduzione alle cucine regionali dell’India. 
***

Cresciuto in una famiglia “mista” dove si incrociavano le tradizioni delle diverse regioni indiane, sono un ammiratore del meticciato. Penso che le nuove tradizioni che nascono, quando le culture si incontrano tra loro sono l’aspetto più bello della vita umana e in questo senso, mi piacciono alcuni aspetti della globalizzazione perché, possano dare la possibilità alle diverse culture di incontrare anche con pari dignità, rispetto reciproco e gioia, senza sentirsi minacciati o sopraffatti dagli altri. 



In questo senso, mi piace l’idea del libro di ricette di Bollywood. Il libro si presenta molto bene con le belle immagini ed i vivaci colori del mondo di Bollywood. 
Questa volta le ricette provengono da diverse regioni dell’India e ogni gruppo di ricette è accompagnato da un’introduzione ad un attore o un’attrice di Bollywood, i suoi film più importanti e le sue ricette preferite. 
L’idea sembra bella, ma alla fine, il libro mi ha deluso un po’. E’ una bella confezione ma non ha grande sostanza. 
Le foto sono bellissime, la presentazione degli attori è bella, il libro è bello da sfogliare, ma manca un po’ di anima. Le ricette sono spesso raccontate dai chef degli hotel dove questi attori vanno a mangiare, e tra queste dominano le ricette della cucina mughlai, la cucina dei ristoranti. Diverse ricette sono complicatissime da preparare, adatte sopratutto per i ristoranti a cinque stelle per giustificare prezzi alti. 



Per cui penso che “Bollywood in cucina” sia un bel libro da guardare, magari anche interessante per i fans di Bollywood, ma forse non è un libro per cercare le ricette. 

lunedì 28 luglio 2008

Salute dei Cubani

Nel suo saggio, “Cultura e Sviluppo” (Sotto Sopra – la globalizzazione vista dal sud del mondo, curato da Marco Zupi, ed. Laterza, 2004), l’economista indiano Amartaya Sen dice, “La crescita del benessere e la conquista della libertà che perseguiamo con lo sviluppo non possono non includere un arricchimento della vita umana tramite la letteratura, la musica, le arti e altre forme di espressione e di consuetudini culturali che abbiamo motivo di tenere in gran conto.

Quando ho letto questo, qualcosa si è scattato dentro di me. Finalmente avevo una risposta, magari parziale ad un mistero che mi aveva tormentato da molti anni.

Era proprio Amartaya Sen che aveva posto le basi di quel mistero. All’assemblea generale dell’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) dove Sen era l’ospite d’onore, lui aveva parlato delle diseguaglianze della salute tra i paesi e all’interno dei singoli paesi. Salute e il prodotto interno lordo pro capite sono collegate, ma questo non è sufficiente per spiegare le differenze nello stato di salute dei popoli, aveva detto, e aveva parlato di Cuba. Anche se l’America ha un PIL 10 volte più alto, per quanto riguarda gli indicatori basilari della salute come l’aspettativa media della vita o la mortalità infantile, è più o meno allo stesso livello di Cuba.

Poi, avevo avuto l’occasione di approfondire meglio il tema delle diseguaglianze della salute. In fatti, l’ultimo rapporto dell’Osservatorio Italiano sulla salute Globale (A Caro Prezzo, OISG, ed. ETS, 2006) per quale avevo contribuito qualche articolo, era centrato tutto sulle diseguaglianze della salute. Le scelte del governo cubano di privilegiare i servizi di salute comunitaria, la garanzia dell’accesso universale ai servizi sanitari di base, buon livello di educazione primaria, ecc. sono fattori che spiegano il perché dei buoni risultati raggiunti dalla Cuba in questo senso.

Tra le persone che si occupano dei temi legati alla salute globale, più di una volta si è discusso della cecità degli esperti internazionali verso questi risultati cubani, quando si parla delle strategie per migliorare lo stato della salute dei popoli.

Poi, qualche anno fa in una riunione ragionale tenutasi in Nicaragua, ho avuto l’opportunità di interagire con un gruppi di medici cubani. Pensavo di sentire una immediata simpatia verso loro invece dopo qualche dibattito ho iniziato a cercare di evitarli. Era lo stesso con il gruppo che rappresentava la Venezuela. Mi sembravano paranoici, insistevano a usare parole come proletariato, rivoluzione, imperialismo, ecc. come formule retoriche, ogni tanto tiravano fuori riferimenti alla nobilità e grandezza dei loro leader massimi (Castro e Chavez) e sembravano incapaci di ragionare in maniera libera su qualunque tema senza ricorrere a queste parole.

Forse non mi conoscevano abbastanza. Forse non si fidavano di me. Forse perché era una riunione dell’OMS ed erano presenti i rappresentanti governativi. Non so il motivo. Comunque ne ero rimasto male. Non lo volevo ammettere ma dentro di me sentivo un disagio invece della simpatia.

Così quando ho letto le parole di Sen, “Avere un alto prodotto interno lordo (PIL) pro capite ma poca musica, poca arte, poca letteratura e così via, non sarebbe un indice di grande successo dello sviluppo”, qualcosa si è scattato dentro di me. Era questa sensazione della loro non libertà, di dover esprimersi con certe parole, che mi aveva creato il disagio, anche se sentivo e tutt’ora sento, ammirazione per i risultati raggiunti dai loro programmi sanitari.

Yaoni Sànchez, una cubana che descrive la vita quotidiana in Cuba nel suo blog Generación Y, è una delle persone che esprimono questo disagio.

Ma allora è giusto guardare soltanto gli indicatori della salute e dell’educazione senza pensare alle libertà individuali? Se guardiamo il numero dei paesi con dittatori feroci che limitano le libertà individuali e che hanno pessimi indicatori della salute e dell’educazione, l’esempio di Cuba comunque resta importante.

Questo ha fatto nascere un’altra domanda dentro di me. I risultati raggiunti da Cuba, i loro sistemi di sanità comunitaria e educazione primaria, sono possibili in un macro sistema che non è basato sulla censura e sul controllo di quello che le persone pensano e esprimono? Forse si, perché oltre a Cuba, anche lo stato di Kerala in India con un PIL pro capite dei paesi poveri, vanta di indicatori basilari relativi alla salute e all’educazione pari ai paesi sviluppati.

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