mercoledì 17 gennaio 2007

Il coraggio di Taslima

Taslima Nasrin è una scrittrice originaria del Bangladesh. A seguito del suo libro "Vergogna", alcuni Mullah del Bangladesh avevano decretato il fatwa per la sua morte e lei fuggì prima in India e poi per qualche anno in Scandinavia. Oggi lei vive a Calcutta in India.

Questa settimana è apparso un suo nuovo scritto sull'uso del chaddor nelle donne musulmane, nel settimanale indiano Outlook.

Qualche tempo fa, la famosa attrice e attivista indiana, Shabana Azmi, insieme ad un gruppo di donne musulmane avevano chiesto alle donne musulmane di non portare il velo perché secondo loro, il Corano non chiede alle donne di coprirsi il corpo. Anzi, secondo loro, i principi dell'Islam sono basati sulla parità tra uomini e donne.

Il nuovo scritto di Taslima è in risposta a questo invito di Shabana Azmi.

Non è vero che il Corano non chiede alle donne di coprirsi il proprio corpo dalla testa fino ai piedi, dice Taslima in questo scritto, e cita diversi versi del Corano e analizza diversi episodi nella vita del profeta Maometto per spiegare come il Corano e l'Islam chiedono esplicitamente alle donne di coprire il proprio corpo.

Taslima pone la sua domanda a Shabana e altri sostenitori,
"Se il Corano dice che le donne devono coprire il proprio corpo, è giusto che noi ci copriamo? La mia risposta è no. Non importa quale libro, quale persona, quale autorità chiede alle donne di coprirsi, noi dobbiamo rifiutare. Nessun velo, nessun chaddor, nessun hijab, nessuna burqa, nessuna sciarpa per coprire la testa. Le donne non devono portare niente di tutto ciò perché sono segni di dispetto. Sono i simboli dell'oppressione delle donne. Questi simboli dicono alle donne che sono le proprietà degli uomini, sono oggetti per il loro uso. Questi copricorpi sono usati per tenere le donne passive a sottomesse. Chiedono alle donne di portarle così le donne non possono vivere con auto rispetto, onore, fiducia, identità, opinioni e ideali. ..."
Quali reazioni vi saranno a questo scritto? Per la "colpa" di aver detto o scritto molto meno hanno torturato e ucciso altri. Ma Taslima non ha paura della morte. O forse pensa che avevano già decretato la sua morte, cosa possono farle di più?




Sicuramente ci saranno molte persone che non concorderanno con quanto scrive Taslima. Ma nessuno potrà negare che lei ha coraggio.


Nota: Taslima Nasreen. Vergogna (tit. or. Lajja - Shame, 1995). Oscar Mondadori, Milano 1996, pp. 250, € 7,40. ISBN 8804394277

lunedì 15 gennaio 2007

L'altro

Ero con Ermanno. Conosco Ermanno da diversi anni, ma soltanto come uno che ci da una mano al magazzino. Non gli avevo mai parlato prima. Così ho scoperto che è un chiacchierone. E' una persona che si interessa di tante cose, è molto disponibile e ha un modo positivo e speranzoso di guardare il mondo, per cui ascoltarlo è molto piacevole. Raccontava della sua vita da allenatore e arbitro delle piccole squadre locali della provincia di Bologna per 25 anni.

Poi, quando siamo arrivati a Lagaro, l'ho visto parlare con una ragazzo di 11 anni. "Devi rispettare le regole e devi divertirci. Sport è soprattutto per divertire", diceva. Sarebbe bello per un ragazzo averlo come nonno, pensai.

Dovevo parlare ai bambini del gruppo di catechesi e poi, fare una testimonianza durante la messa. Come è il parrocco, gli avevo chiesto. "E' giovane, molto simpatico e molto religioso", mi aveva risposto. "Non creerà problemi che non sono cattolico?" avevo chiesto, subito allarmato da questa descrizione. No, non dovevo preoccupare, Ermanno mi aveva rassicurato.

Infatti, Don Roberto, il parrocco di Lagaro nel comune di Sasso Marconi, è molto giovane. Deve avere intorno a 40 anni. Ha un sorriso da ragazzo buono. In chiesa durante la messa, invece aveva la faccia seria e poi si è lanciato in un' omelia appassionata sulle nozze di Canna. Ascoltarlo era così coinvolgente. Mi ha fatto pensare a "La Messa è Finita" di Nanni Moretti.

Poi, in pomeriggio, tornato a casa, continuavo a pensare del mio cambiato rapporto con le religioni. Penso che il pensiero occidentale è troppo basato sulla logica, sulla razionalità. Così, qualcosa può essere "a" o "b", ma non può essere "a" e "b" allo stesso momento. Non ti è permesso di non fare parte di una categoria. Quando si parla di religioni, si parla di convivenza e di rispetto dell'altro, ma non di accettazione piena dell'altro perché l'altro resta sempre qualcuno estraneo.

Non era così in India. Tu potevi essere parte dell'altro, senza per questo perdere la tua identità. Così non si parlava di convivenza e di rispetto ma di fare proprio. Quando andavo a messa di mezza notte al cattedrale di Delhi vicino a Gol Dak khana e durante la messa facevo il segno della croce, era un modo di vivere la gioia di tutti i cristiani intorno. Per la festa di Diwali, potevo fare gli auguri a tutti senza preoccuparmi se l'altro era un indù o un musulmano o sikh. Così come Irene, la nostra vicina, quando ci portava i dolci di Idd, dovevamo tutti farci gli auguri di "Idd mubarak". Quante volte mi sono svegliato alle 4 di mattino per andare a ricevere il kacchi lassi che i sikh distribuivano per l' anniversario di Guru Nanak!

Invece, qui si parla di rispetto dell'altro un po' ascetico, un po' tenuto a distanza. Mi sembra un modo di dire, veramente penso che tutto quello che la tua religione dice è sbagliato, ma per rispetto ti tollerò, basta che limitiamo queste cose nella nostre privacy. Nella chiesa non posso fare il segno della croce perché ciò non sarebbe giusto perché non sono cattolico. Si dice che non dobbiamo avere addobbi di natale per strade perché ciò offende le altre religioni. Invece di dire che per natale mettiamo gli addobbi di natale, per Idd mettiamo gli addobbi dei musulmani e per Diwali mettiamo di addobbi dgli indù sulle strade, affinché tutti possono gioire nella gioia degli altri, noi diciamo che è meglio non avere feste religiose per rispetto, per non offendere l'altro? Mi sembra che così si spinge verso intolleranza e isolamento.

Ma forse dipende tutto da questo modo di ragionare logico e razionale? All'inizio del ventesimo secolo, gli inglesi avevano condotto il primo censimento nazionale in India. Durante questo censimento, in Punjab avevano trovato molte persone che si dichiaravano hindu-sikh, i quali erano stati costretti a scegliere di essere o l'indù o i sikh, non potevano essere sia uno e l'altro. Pensavo che gli inglesi l' avevano fatto per cattiveria, per dividerci. Ma se non l'hanno fatto per cattiveria, ma semplicemente per questa ossessione alla logica? Questa ossessione per "Ogni cosa deve avere un suo posto e un suo titolo, senza confusone".

Oggi domina il pensiero occidentale. E il nostro pensiero di essere un po' dell'altro senza per questo perdere la propria identità, penso che rischia di diventare sempre più debole. Qualche giorno fa avevo letto di un prete indù di Gujarat con una figlia adottiva musulmana e il prete aveva celebrato il matrimonio di questa sua figlia con il rito musulmano, nel cortile del suo tempio. Poi, avevo letto di 5 copie musulmane e 5 copie indù, i quali avevano deciso di farsi celebrare i matrimoni insieme, sia con i riti indù che con quelli musulmani. Forse questo può succedere solo in India perché questo modo di ragionare "non logico" e "non razionale" per il momento sopravvive.

Cosa possiamo fare affinché si capisce di più il valore di quello che abbiamo, prima di perderlo?

Nelle immagini di oggi, la visita di Lagaro di ieri.






domenica 7 gennaio 2007

Cinema di Bollywood nel 2006

Nuovi sviluppi nel 2006: L’anno appena trascorso è stato uno dei migliori anni per il cinema di Bollywood per quanto riguarda i guadagni dei botteghini. Erano anni che così tanti film ricevevano un consenso popolare così ampio. L’anno è stato importante non soltanto per i guadagni economici ma anche per la varietà di nuovi film usciti nelle sale cinematografiche.

In parte, il merito di questo successo così ampio va all’apertura di nuovi teatri multiplex nelle metropoli, dove le sale sono piccole e possono accogliere i film di nicchia e dove i prezzi dei biglietti di entrata sono relativamente alti. Fino a 5 anni fa, i biglietti di ingresso più costosi nelle sale cinematografiche costavano intorno costavano intorno a 20 rupie (circa 40 centesimi) mentre nelle nuove sale multiplex il prezzo del biglietto arrivo fino a 4 euro. Questo ha permesso l’uscita di nuovi film fuori delle regole del cinema popolare (i masala films), indirizzati ad un gruppo ristretto di persone nelle zone urbane e la possibilità comunque di recuperare i costi con ampi margini di guadagno.

La scomparsa del cinema parallelo: Intorno agli anni settanta, il cinema di Mumbai aveva un forte movimento di cinema parallelo o cinema d’arte con esponenti come Shyam Benegal e Govind Nihalani, e film che potevano sfidare le formule del cinema popolare e comunque trovare un consenso popolare. L’arrivo della televisione e le video-cassette con la pirateria ad ampio scalo potrò alla morte del cinema parallelo ed i registi come Shyam Benegal e Govind Nihalani erano costretti a fare i film per la tv o ricorrere alle stelle di Bollywood.

Le tre "colonne" del cinema paralello indiano: Shabana Azmi nel film Ankur (Germoglio) di Shyam Benegal; Smita Patil e Om Puri nel film Ardh Satya (Mezza verità) di Govind Nihalani.








La scomparsa del cinema di mezzo: Negli anni sessanta e settanta, era nato un altro movimento nel cinema popolare di Mumbai – quello del cinema di mezzo. Ciò è, il cinema che continuava a seguire le regole dei film popolari, ma li ambientava in famiglie meno facoltoso e presentava le storie della gente comune con un pizzico di realismo. Registi come Bimal Roy, Hrishikesh Mukherjee, Gulzaar, Basu Chatterjee erano i fautori di questo cinema. Anche questo cinema fu inghiottito dall’arrivo della TV e delle video cassette. Nell'immagine sotto, Vidya Sinha e Amol Palekar nel film Rajnigandha (Gelsomino) di Basu Chatterjee.




Nuovi sviluppi: Negli anni ottanta e novanta, progressivamente, il cinema di Bollywood fu dominato da cinema popolare e dalle stelle piuttosto che dagli attori e dai registi. Invece la comparsa delle multiplex ha dato la possibilità a diversi nuovi registi di uscire dalle regole del cinema popolare a sperimentare nuovi temi e nuove metodologie di raccontare le proprie storie.

Vediamo i film più significativi del 2006. Ovviamente, questa è tutta una mia scelta personale e so bene che molti altri non concorderanno con me.

Rang de Basanti (Colora mi di arancione): il 2006 è iniziato con il nuovo film del regista Rakeysh Om Prakash Mehra. In India, il colore arancio è considerato il segno della rinuncia e anche di primavera. Il film è la storia di Sue (Alice Patten), nipote di un ex-ufficiale del governo coloniale inglese in India, la quale vuole girare un documentario in India sulla storia di alcuni uomini impiccati perché facevano parte della resistenza contro il governo coloniale. In India, lei incontra un gruppo di ragazzi all’università di Delhi ai quali chiede di far parte del suo documentario – DJ (Aamir Khan), Karan (Sidharth), Sukhi (Sharman Joshi), Aslam (Kunal Kapoor) e Sonia (Soha Ali Khan).




I ragazzi sono cinici, pensano che il paese sia in mano ai corrotti e vogliono soltanto emigrare in America. Loro non sanno niente della lotta per l’indipendenza dell’India e delle persone morte per questa lotta, e non ne vogliono ne anche sapere. DJ, il capo del gruppo, è un ragazzo sikh, è l’eterno ragazzo il quale ha paura del mondo esterno e continua a girare nel mondo universitario anche se ha finito di studiare 5 anni fa.

Poco alla volta la partecipazione al documentario cambia i ragazzi da dentro. Laxman (Atul Kulkarni), uno che fa parte di un gruppo fondamentalista indù e molto arrabbiato perché contrario alla presenza del ragazzo musulmano Aslam nel documentario, entra a far parte del gruppo e poco alla volta anche lui cambia il suo modo di guardare il mondo.

Morte di Ajay (Madhawan), un pilota dell’aereonautica e fidanzato di Sonia, in un incidente aereo porta una crisi all’interno del gruppo. C’è il sospetto che il ministero della difesa abbia trascurato il mantenimento degli aerei comprando pezzi di ricambio scadenti da una ditta corrotta, intascando milioni sottobanco. Il governo lancia una compagna di diffamazione contro il defunto pilota, dando colpa a lui per l’incidente. Il gruppo di ragazzi viene trascinato nella polemica creata dalla repressione governativa e manipolazioni politiche della storia. (Nell'immagine, Alice Patten e Aamir Khan in una scena di Rang de Basanti).




I ragazzi si trovano ad una svolta, non possono più fare gli spettatori disinteressati. Loro decidono di agire e per attirare l’opinione pubblica uccidono il ministro della difesa innescando uno spirale di eventi e violenza che culmina con la loro morte.

Il cinismo e disinteresse dei ragazzi e la loro graduale trasformazione in ragazzi tormentati dalla corruzione e mancanza di valori della nuova società consumistica dell’India ha trovato un' immediata identificazione nella gioventù indiana e il film è diventato un culto.

Negli stessi giorni quando era uscito questo film nelle sale, la decisione di un tribunale di Delhi di prosciogliere il figlio di un ministro, accusato di aver ucciso una ragazza, ha innescato violente proteste in India, un po’ simili alle proteste presentate nel film. E' stata iniziata una compagna di mobilitazzione. Verso la fine del 2006, il tribunale superiore ha rivisto questa decisione, condannando il figlio del ministro all’ergastolo. Molti hanno salutato questo evento come una vittoria di questo film.

Dopo circa 12 mesi dalla uscita, il film continua a innescare forti dibattiti in India ed è il candidato ufficiale dell’India al premio Oscar nella categoria di “Migliore film straniero”. Il trattamento del film, con la trasposizione delle storie del passato, legate all’indipendenza dell’India (girate in color seppia) e sull’attuale vita dei ragazzi indiani nelle metropoli, è innovativo. Il provocante tema del film, fuori dalle solite storie di amori tragici del cinema indiano, e il cast di bravi attori, fanno di questo film un’importante tappa della storia del cinema di Bollywood. Aamir Khan, l’attore principale del film è già conosciuto al pubblico italiano come eroe del film “Lagaan – una volta in India” uscito qualche anno fa.

Lago Raho Munna Bhai: è il secondo film che scelgo per l’orginalità del trama e per l' impatto che ha avuto sugli indiani. Il titolo significa Continua Fratello Munna ed è la seconda parte di un fortunato film del 2005 (Munna Bai MBBS, ciò è Fratello Munna Medico Chirurgo). Lago Raho Munna Bhai riprende le avventure del simpatico mafioso di Munna Bhai (Sanjay Dutt), il suo assistente, Circuit (Arshad Warsi) e la loro banda di malviventi, i quali tra altro, si occupano di sgombrare con forza le case dei poveri per conto del ricco costruttore Lucky Singh (Boman Irani).




Munna è innamorato della voce della radio-jockey Jhanvi (Vidya Balan). Per incontrare Jhanvi, Munna vuole partecipare ad un quiz radiofonico sul Mahatma Gandhi. Con l’aiuto di alcuni professori universitari rapiti da Circuit per il compito, Munna riesce a vincere il quiz e viene invitato agli studi radiofonici dove si presenta come un professore universitario. Jhanvi vive con il suo nonno in una casa con un gruppo di anziani senza casa e catturata dal fascino di Munna, lo invita a casa sua per parlare di Gandhi agli anziani.

Ma Munna non sa niente di Gandhi e non avendo altre vie di uscita, è costretto ad andare alla biblioteca a studiare la vita di Gandhi. Una sera, stanco e insonne, Munna vede una apparizione. E’ Gandhi venuto ad aiutarlo. “Sono pronto ad aiutarti se seguirai le mie indicazioni”, gli dice il fantasma di Gandhi. Tutti, compreso Circuit, pensano che Munna sia impazzito, anche perché nessun altro riesce a vedere il fantasma di Gandhi. Comunque, Munna accetta di seguire le indicazioni della fantasma di Gandhi e così è costretto a intraprendere la via della non violenza e della verità. Jhanvi e il gruppo di vecchiotti prima, e il pubblico ascoltatore della radio, sono tutti presi dalle parole di Munna sulla filosofia di Gandhi.

L' unica verità che Munna non riesce a dire a Jhanvi, è quella sul suo proprio passato di mafioso. Cosa farà Jhanvi quando verrà a sapere la reale identità di Munna?

Il film è riuscito a attualizzare il pensiero di Gandhi per i giovani indiani di oggi ed ha raccolto consensi sia della critica che del pubblico. Il film è un candidato indipendente ai premi Oscar nella categoria Migliore Film Straniero.

Il film è come una fiaba moderna sui principi insegnati da Gandhi, un film divertente e allo stesso momento, una provocazione per ripensare ai valori di Gandhi nel mondo odierno.

Khosla Ka Ghosla: Il terzo film che mi è piaciuto, è un film piccolo senza le stelle di Bollywood. Il titolo del film significa “Il Nido dei Khosla”. Il film presenta la storia dei Khosla, una famiglia medio borghese di Delhi. Sig. Kamal Kishore Khosla (Anupam Kher), il capo famiglia sogna di costruire una propria casa indipendente. Il suo figlio maggiore, Chiraunjilal (Praveen Dabas) odia il proprio nome e preferisce essere chiamato Cherry, sta preparando per emigrare in America. Il suo secondo figlio, Balwant (Ranvir Shorey) non ha voglia di studiare e pensa che il suo padre sia antiquato.




Il terreno comprato con il TFR e i risparmi di tutta la vita per costruire la casa viene occupato illegalmente dal corrotto costruttore Kishen Kapore (Boman Irani). Sig. Khosla è disperato. Nessuno può aiutarlo. Gli uomini di Kapore sorvegliano il terreno armati di bastoni. Kapore vuole 200.000 rupie (10.000 euro) per liberare il terreno. Lui ha anche i poliziotti dalla sua parte, i quali suggeriscono a Khosla di pagare i soldi richiesti da Kapore e di versare un’ulteriore somma anche alla polizia.

Balwant, il figlio più piccolo, chiama i suoi amici e attacca gli uomini di Kapore, ma ciò porta Khosla alla prigione per qualche giorno e lui riceve dalla polizia l' avvertimento di stare attento e di non usare i mezzi illegali!

Alla fine è il figlio maggiore, Cherry che non riesce a vedere il suo padre abbattuto. Lui rinuncia al suo sogno di partire per l’America per aiutare il suo padre. Con l’aiuto della sua ragazza Meghna (Tara Sharma) e un gruppo di attori teatrali guidati dal maestro Bapu (Navin Nischal) e un ex-collega di Kapore, (Vinay Pathak), Cherry prepara una trappola per Kapore.

Animato da un cast di bravi attori, il film è molto piacevole. Come tema e trattamento, questo film potrebbe entrare nel gruppo del "cinema di mezzo" degli anni settanta. Il film è stato apprezzato sia dalla critica che dal pubblico.

Altri film del 2006: A parte questi 3 film che mi sono piaciuti di più, vi erano diversi altri film di Bollywood che hanno ricevuto consensi nel 2006. Per esempio il nuovo film di Nagesh Kukunoor, Dor (Filo) che parla del filo del destino che collega le vite di due donne – una donna istruita della metropoli (Gul Panang) e una vedova (Aysha Takia) del deserto di Rajasthan. (Nell'immagine, Ayesha Takia in Dor).




Mi è piaciuto anche Omkara, il nuovo film di Vishal Bhardwaj basato sul Othello di Shakespeare, ambientato nelle zone rurali del nord est dell’India, con cast di diverse stelle di Bollywood. Il film è la storia del capo dei banditi Omkara (Ajay Devgan), sua amante Dolly (Kareena Kapoor) e la rivalità tra i suoi due luogotenenti, Keshav (Vivek Oberaoi) e Langda (Saif Ali Khan). Langda, gesloso dei favori ricevuti da Keshav, riesce a creare sospetti nella mente di Omkara di un rapporto illecito tra la sua Dolly e Keshav. In un piccolo ruolo, l’attrice Konkana Sen, come moglie di Langda, lascia un’impressione indelibile. Mentre tutti gli attori di questo film sono bravi, è Saif Ali Khan nel ruolo di Langda che è particolarmente bravo. (Nell'immagine, Ajay Devgan e Kareena Kapoor in Omkara).




Un’altro piccolo film Woh Lamhe (Quei momenti) con nuovi attori (Shiney Ahuja e Kangna Rennaut) ha raccolto molti consensi. Ispirato dalla storia di amore tra l’attrice Praveen Babi e il regista Mahesh Bhatt negli anni ottanta, il film affronta il tema della schizofrenia ed il spietato mondo dell’immagine pubblica che divora le icone del cinema. (Nell'immagine Kangna Rennaut e Shiney Ahuja in Woh Lamhe).




L’anno è stato fortunato anche per i mercanti dei sogni, i zar di Bollywood, i quali costruiscono grandi sogni del cinema di svago – Krissh di Rakesh Roshan (storia di un super eroe con poteri speciali), Vivah (Matrimonio) di Suraj Barjatya (una storia mielosa di un fidanzamento e di valori tradizionali indiani), Dhoom 2 della casa produttrice Yash Chopra (un film di avventura con effetti speciali, è anche il film con maggiori incassi dell’anno) e Kabhi Alvida Na Kehna (Non dire mai addio) di Karan Johar. Quest’ultimo è un film con lussuose scenografie ambientato a New York, ma riesce ad essere controcorrente perché parla di divorzio e di secondi matrimoni, temi generalmente evitati dalla cinema popolare indiana. (Nell'immagine Rani Mukherjee e Abhishekh Bacchan in Kabhi Alvida Na Kehna).





In un rapporto pubblicato da una rivista americana, tra i 15 film stranieri con maggiori incassi in America nel 2006, ben otto sono film di Bollywood. Per cui, il 2006 non è stato soltanto un anno di successi in India, bensì in tutti i paesi dove vive la diaspora sud asiatica.

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